23 dicembre 2016

Joyeux Noël!

Breve selezione non esaustiva di regali di Natale che ho già ricevuto quest'anno:

- Nonostante 3 traslochi in 10 mesi, sono riuscita ad avere tutte le notti un tetto sopra la testa e un letto sotto il sedere (vabbè, a volte era solo un materasso, ma era comunque comodo)

- Ci sono state, quest'anno, delle elezioni in cui ha vinto chi volevo io

- Ho conosciuto un sacco di bimbi e un sacco di mamme bellissimi, il che fa ben sperare non solo per Natale, ma per il futuro dell'umanità (vedi anche punto precedente)

- Abito a un passo dal parco, a due passi dalle altalene

- Ho conosciuto una città nuova, mi è piaciuta molto, e ancora stento a credere che sia proprio quella in cui abito, abituata come sono a prendere un ferry e allontanarmi da dove vorrei essere

- Ho un bimbo che balla il rock'n'roll

- Un lago, i monti intorno, l'abbraccio rosa del tramonto, ogni sera, proprio qui sotto

- Il dono delle lingue, a momenti, ma sempre in quelli del bisogno

- Nel nostro nuovo appartamento, c'è una cucina interamente magnetica

È finito lo scottex, lo so.

Se queste sono le premesse, sotto l'albero non potrà che andare meglio.

Buon Natale e buon 2017 a tutti!
Con un numero così bislacco, ci sarà sicuramente da divertirsi.

09 dicembre 2016

Microrecensione #117: "Il principe picinin - co i disegni de l'autore" di A. de Saint-Exupéry

01/12/2016 - 08/12/2016 "Il principe picinin - co i disegni de l'autore" di A. de Saint-Exupéry. Testo in dialetto veneto, traduzione di N. Penello.
Impegnativo microrecensire un libro come questo, soprattutto in una versione speciale come questa, di questi tempi bislacchi. Ma tant'è, questa è la versione che avevo sottomano (grazie S.!) quando ho deciso di rileggere questo classico, a voce alta, al mio principino che intanto imparava a impilare due cubi uno sull'altro.
Come penso per molti, la mia relazione con "Il Piccolo Principe" è una di quelle relazioni di amore e odio, a seconda dell'età, del contesto, degli anni di scoutismo sulle spalle, della soglia di sopportazione di stucchevolezza, varia come varia l'umore, con la pioggia e con il Sole, con il vento e il cinismo che sparpagliano i capelli sugli occhi. 
Si vede che è un momento in cui la mia soglia di sopportazione è abbastanza alta. O si vede che la traduzione in dialetto veneto riesce a togliere quella patina di stucchevolezza che la versione originale, a tratti conosciuta ormai a memoria, porta sempre con sé, fatto sta che questa lettura me la sono proprio goduta. Ho trovato credibilissimo il piccolo principe che parla in dialetto delle sue preziose coltivazioni sul suo pianeta lontano. Di come gestisce la minaccia dei baobab, e di come ha addomesticato la volpe, tanto amareggiata dal fatto che sul pianetucolo del principe non ci siano galline. 
L'ho scoperto, il libro, capace di prendersi meno sul serio, di raccontare semplicemente una bella storia, di parlare di stelle, di risate, di amicizie e di cose invisibili da cercare. Mi sono scoperta stupirmi di nuovo davanti al paesaggio silenzioso del deserto, e bere un'acqua buonissima al pozzo verso il quale avevo camminato piano piano. 
Mi sono divertita insomma, e sarà stata la storia, o sarà stata la lingua, non lo so. Saranno stati forse i capelli color del grano del mio principe picinin, che ogni tanto, tra una frase e l'altra, alzava gli occhi dai suoi studi sui cubi, e mi sorrideva soddisfatto.

07 dicembre 2016

Il velo.

Dicembre, ho ago e filo ancora in mano, spilli, un metro, e del velo bianco e leggero da sistemare. Un déjà vu lungo due anni.
Cucivo il mio vestito da sposa, gonna corta e strascico lungo, da indossare con un sorriso, insieme alle farfalle che volavano nel mio cuore.
Ora cucio le piccole tende bianche della nostra nuova cucina, nel nostro nuovo appartamento, nella nostra nuova città, nel nostro nuovo Paese.
Siamo in tre, adesso, ad affaccendarci in questa cucina: chi a cucinare, chi a mangiare, chi a sporcare in modi impensabili gli angoli più inaccessibili di questa stanza, o di se stesso. Chi a pulire, chi a cantare, chi a ridere e chi a imparare a bere da una tazza, chi a innamorarsi del sapore del Gruyère, chi a perseverare nell'odiarlo. Chi a rovesciare l'acqua per l'ennesima volta, chi a stupirsi anche oggi di quella magia chiamata radio, chi ad asciugare con uno straccio l'asciugabile, chi a guardare rassegnato un bimbo che sarebbe da mettere così com'è in lavatrice, se solo la lavanderia non fosse in cantina, e il nostro turno non fosse fra sei giorni.
Così, un velo bianco che ci separi dalla strada è necessario, per non fare entrare dentro troppo fuori, troppa confusione, che ci sono già abbastanza cose qui.
Basta un vedo-non-vedo però, perché curiosi si nasce, si cresce, e ci si coltiva, e un occhio sulla strada bisogna sempre averlo, per imparare dove va, per scoprire cose nuove, e per incontrare qualcuno, che poi, chissà.
Per riuscire a stare fra di noi senza troppe distrazioni, ma essere pronti a tutto ciò che la strada porta con sé.
In fondo, penso fosse questo il senso anche del mio velo da sposa.




14 novembre 2016

Pensieri profondi.

Mentre allatto, la sera, faccio pensieri strani. Sarà la penombra, sarà il rumore della città, del palazzo, attutito dal buio, il corpo che si svuota, la testa anche. Per esempio, l'altro giorno pensavo che è davvero strano che la parola "copia" non cambi di genere a seconda del genere dell'oggetto a cui si riferisce. Capisco che la copia di una chiave sia femminile, ma la copia di un libro - pensavo - dovrebbe essere maschile.
Chissà se in qualche lingua del mondo è così - pensavo.

Di solito, nel momento stesso in cui esco dalla cameretta, gli strani pensieri da allattamento svaniscono, si dissolvono nella sera che al di qua della porta è appena cominciata.
A volte invece, come in questo caso, rimangono.
Forse perché sono estremamente profondi - penso.
Forse.

10 novembre 2016

Dettagli (e trasloco)

Sono i piccoli dettagli quotidiani che a oggi, dopo un anno passato insieme, ancora mi distraggono dall'inarrestabilità data dallo status di mamma, da quello che sto facendo, mi interrompono, mentre passo per l'entrata tra uno scatolone e l'altro di questo nuovo trasloco, e mi fanno sorridere.
Sono le sue minuscole scarpe sul pavimento, insieme alle mie - buttate in disordine come solo mamma sa fare - che mi riempiono la testa di pensieri felici, il cuore di tutto quello che un cuore può contenere.
Sono solo scarpe, è solo disordine in un'entrata qualsiasi, che a breve, poi, cambierà. 
Ma sono le nostre scarpe, ed è il nostro disordine, ora grazie a lui rinnovato e migliorato. E questo, non cambierà mai.



03 novembre 2016

Microrecensione #116: "La Vegetariana" di Han Kang

25/10/2016 - 2/11/2016 "La Vegetariana" di Han Kang. Un libro Sud Coreano, vincitore di molti premi e addirittura annoverato dal Time tra i libri migliori del 2016. Sarà per questo, sarà per il titolo, sarà perché mi mancava leggere un romanzo, che sono impelagata in alcuni saggi da un po', ho acquistato questo libro per Kindle e l'ho letto in fretta. 
Purtroppo, però, l'ho letto in fretta perché volevo che finisse presto. Un libro pesante, ma senza una vera e propria ragione, o uno scopo, una storia che può sembrare interessante: la dolorosa trasformazione da uomo, anzi, da donna, ad albero. Detta così sembra una buona idea, ma la realizzazione passa per tutti gli elementi tipici della tragedia gratuita: dramma familiare in più declinazioni, dai traumi infantili al tradimento, e chi più ne ha più ne metta, tentativi di suicidio, ancora qualche dramma familiare, sesso, solitudine, incomprensione, sensi di colpa, pazzia. Amen.
Non vi ho trovato davvero nessuno spunto originale, e neppure lo stile mi ha impressionata. Si vede che non sono proprio fatta per questo genere di libri.
Speriamo il prossimo acquisto vada meglio, che dopo questo romanzo, per fortuna - almeno - breve, devo tirarmi un po' su il morale.

21 ottobre 2016

Minuscoli drammi quotidiani/43: Il codice fiscale.

Scusate se di questi tempi si accumulano minuscoli drammi, ma che ci posso fare, mi vengono addosso da tutte le parti, li trovo dappertutto, anche nella cassetta della posta.
L'ultimo, infatti, è arrivato sotto forma di lettera nientepopodimeno che da parte del Consolato Generale d'Italia a Ginevra.
Mi si comunicava, in data circa metà ottobre, che la domanda di attribuzione del codice fiscale per il mio figlioletto (inviata in data circa metà LUGLIO) era andata a buon fine (e menomale!), il codice era attribuito, e la tesserina sarebbe arrivata veloce veloce (fra tre mesi), a Ginevra (vabbè, si farà una gita a Ginevra...).
Perfetto, do giusto un'occhiata ai dati anagrafici e ... NooOOOoooOOoOO.
Nato in: Svizzera.
Ma come? Dopo tutta la fatica sull'Isola, con il pancione, il ferry preso alle 6 del mattino per andare in ospedale, con le acque rotte e un bimbo pronto per venire al mondo, un parto in Olandese/Inglese/Italiano, dopo i pasti indonesiani in ospedale, e i celeberrimi paninetti olandesi a colazione e a pranzo (ma uguali uguali, eh), dopo il ritorno sull'Isola con un pacchettino di bambino di neanche 24 ore, un trasloco internazionale con il medesimo pacchettino avente soli 3 mesi, e mi venite a dire, nato in Svizzera??

Precipitatami al telefono, per una congiunzione astrale favorevole, al consolato mi hanno risposto subito, e allarmati mi hanno passato chi di dovere. E niente, effettivamente nella domanda è tutto corretto, ma c'è stato un errore da parte loro, e si affretteranno subito a chiamare Roma, sperando che non sia "troppo tardi".
"Troppo tardi" per cosa? penso io, mica esplode, il codice fiscale, se c'è un errore...spero.

Immagino che alla fine, un codice fiscale mi arriverà (o meglio, andrò probabilmente a prenderlo io a Ginevra), e da quell'accozzaglia di lettere e codici sarà difficile decifrare se è stato registrato come nato in Svizzera, o nei Paesi Bassi.
Però voi sappiatelo, che quasi un anno fa, lui è nato a due passi dal mare, a due passi da un faro, con un cappellino da marinaio blu, pronto per salpare a vele spiegate.

18 ottobre 2016

Test, poiché tweeterfeed ci abbandonda alla fine del mese

Scusate, un post di test.

Minuscoli drammi quotidiani/42: Cercar casa IV

Se vi siete stancati di cercare casa in affitto, un noto sito immobiliare svizzero suggerisce invece di comprarla, questa casa, in Svizzera, o all'estero. Benissimo, dove?
Qui le proposte:


E quasi non si legge, con quella scrittina pallida pallida, bianco su Torre di Galata, ma Google Translate non perdona.
Mai.

13 ottobre 2016

Un arbre, un enfant.

Anche se T. non è nato qui in Svizzera, il Comune di Losanna non fa discriminazioni, e ci ha invitato, un po' di giorni fa, a partecipare alla simpatica iniziativa "Un arbre, un enfant".
Per ogni nato nel 2015 e attualmente residente nel Comune, sabato scorso si è piantata una piccola, minuscola, quercia. 

La nostra quercina.
Ogni coppia di genitori, provvista di zappa, piantina, e martellone, ha potuto piantare la sua, in un viavai e zappettio di orgogliosissimi mamme e papà, e di fratellini e sorelline vocianti (e anch'essi, immagino, albero-muniti, seppur in appezzamenti relativi ad altri anni di nascita).
A seguire, degustazione di vini prodotti nei vitigni del Comune nel 2015, formaggi, frutta e caffè.

Risultato: si è passata una bella giornata in campagna, si è scoperto che per poter raccogliere funghi non serve la licenza (ma attenzione, la normativa varia da cantone a cantone, quindi, occhio!), si è ovviamente incontrato qualche amico con rampollo del 2015 al seguito. Integrazione Svizzera - Olanda: 1-0.

L'aver piantato un albero, han tenuto a dirci, è un gesto simbolico. Non tutti gli alberi sopravviveranno all'inverno, e, nonostante le recinzioni, qualche cerbiatto entrerà, e non saprà resistere a questi teneri germogli di quercia. Inoltre, col passare del tempo, gli alberelli più esili e meno promettenti saranno tagliati, per lasciare spazio, luce e terreno a quelli che han già fatto un po' più di strada. 
Non si tragga alcuna metafora, dunque, tra l'arbre e l'enfant, ma l'aver contribuito a un bosco, in ogni caso,  riempie i polmoni di aria buona, e di futuro.

Sia mai che però un giorno vorremo controllare proprio la nostra quercina, eccola georeferenziata.   

10 ottobre 2016

Minuscoli drammi quotidiani/41: L'equipollenza.

Nonostante la bellissima parola, "equipollenza", il concetto mi ha fatto letteralmente andare fuori dai gangheri, altro che minuscolo dramma.
Capita che io sia in cerca di un lavoro, e che sia di "larghe vedute" - o disperata, fate voi -, e che cerchi un po' ovunque, anche in patria.
Ed ecco aprirsi una buona possibilità, addirittura all'Università di Venezia!, per un posto da coordinatore/coordinatrice di progetti internazionali su tematiche ambientali/clima: perfetto. È fatta, farò domanda, penso ingenuamente. Vogliono un dottorato in materie inerenti, conoscenza inglese, cose così, ci siamo.
Comincio la domanda online sul sito dell'Università, e sembra tutto così facile, finché non mi imbatto nell'equipollenza.
Equipollenza del dottorato.
Mmmm.
"Se avete conseguito un dottorato all'estero, ci vuole l'equipollenza."
Boh, ma io ho conseguito il dottorato in Europa, in seno alla grande famiglia Europea in uno dei paesi più acclamati e invidiati - L'Ollandia!, vuoi che mi chiedano l'equipollenza, per di più per un posto da coordinatore internazionale? forse sarà per le Università extra-europee, penso ingenuamente. Scrivo alla segretaria che ci deve essere un errore, mi si risponde assolutamente no, si deve fare l'equipollenza.
E va bene, penso ingenuamente, faremo l'equipollenza. Dopo tutto, al mio congedo, la magnifica e prestigiosa e la "facciamo come" Università di Utrecht mi ha spedito a casa con tre bei documenti attestanti il mio dottorato: in Olandese, in Inglese, e pure in Latino. Non sarà difficile dimostrare il mio dottorato a una commissione italiana, mal che vada posso passare per il Vaticano e il suo amore per le lingue morte, no?
No.
Vi risparmio i dettagli, sottolineando solo alcuni fra i certificati più bizzarri, oltre alla solita modulistica varia e banali copie di documenti di identità, richiesti per la procedura di equipollenza (fonte ministeriale qui):

- copia autentica del titolo di studio estero tradotto e legalizzato, con allegata dichiarazione di valore;

Dove per "tradotto" si intende "tradotto in Italiano" da un traduttore ufficiale (a pagamento), o dall'ambasciata olandese in Italia, o dall'ambasciata italiana in Olanda. 
Facile, per uno che vive in Svizzera.

Ah, e dove "legalizzato" si intende, boh, credo sia un timbro,  ma in ogni caso bisogna farlo "prima che venga richiesto alla competente autorità diplomatica italiana di emettere, sul titolo stesso, la Dichiarazione di valore in loco".  
Mah.
Ma tranquilli, non si deve legalizzare, ma solo "apporre una postilla" (= semplicemente un altro tipo di timbro, ma si capisce solo alcuni paragrafi più tardi) in caso il paese rilasciante abbia firmato la mitica "Convenzione dell'Aia del 5 ottobre 1961". 
Ottimo, penso io. La convenzione dell'Aia, l'avrà firmata l'Olanda, no?
Almeno questa sì, l'ha firmata, ma non avendo firmato la Convenzione Europea di Bruxelles del 1965, tutta la procedura è comunque a pagamento.
Resto basita.
La dichiarazione di valore, invece, è "comodamente" rilasciata dall'ambasciata italiana in Olanda. Sempre facilissima da ottenere, per chi come me abita in un terzo paese.

- copia autentica tradotta e legalizzata, con allegata dichiarazione di valore, del piano degli studi compiuti, esami superati e relativa votazione; tale certificazione deve essere rilasciata dall'Università.

Mi fa piacere, ma non so se si sono accorti che non in tutti i paesi, anzi, nella stragrande maggioranza dei paesi, europei e non, durante il dottorato NON si fanno esami, NON si ha un piano di studi, ma si fa SOLO ricerca.
E a volte, udite udite, non c'è nemmeno un'Università di mezzo, ma solo un istituto di ricerca.
Idem come sopra, poi, per traduzioni e legalizzazioni. 

Ecco. 
Come potete ben immaginare, la domanda per quel posto non sono riuscita a farla, e, come me, immagino molti altri, che ormai vivono altrove, scappando di contratto in contratto da un paese all'altro.
Penso ai vantaggi dell'Europa, che almeno - almeno - avrebbe dovuto facilitare questo tipo di cose.
Penso al mio portafoglio grande e pesante, perché qui in Svizzera, fuori dall'Europa, devo portarmi in giro un vistoso permesso di soggiorno.
Ma l'equipollenza del mio dottorato non me l'ha chiesta nessuno, e si rivolgono a me come "dottoressa".

E allora oggi, purtroppo, preferisco la mia borsetta un po' più pesante all'equipollenza, nonostante il suo suono melodioso e un po' fiabesco.

05 ottobre 2016

Natale: un avvertimento.

Inizio Ottobre: praticamente Natale.
Ecco allora un piccolo monito per voi, che vi accingete a coprire di regali, ninnoli e cosucce i vostri figliolini, nipotini, piccoli amici, o qualsiasi altra creaturina sotto i 18 anni che vi capita a tiro.
Il nostro eroe, all'alba dei suoi 11 mesi, è stato posto (involontariamente) davanti all'inaspettata scelta tra due possibili giochi. 
Le possibilità erano le seguenti:


A sinistra, morbidoso peluche colorato con zampette di sabbiolina, ottima composizione di differenti materiali, colorato, rappresentate simpatico personaggio, ottenuto con raccolta punti presso un supermercato locale. In una parola: splendido.
A destra, supporto in cartoncino nero sagomato, ottenuto comprando dei fantasmini in cotone nero da donna. In una parola: spazzatura.

Secondo voi, con quale dei due oggetti il nostro eroe si è intrattenuto, solo soletto, in estasi ratto per 10 minuti abbondanti, sogghignando e studiando l'oggetto nei suoi minimi particolari?

A me va pure bene, così io mi coccolo Mike Wazowski, mentre lui si sollazza con il cartone, ma poi non dite che non ve l'avevo detto.




22 settembre 2016

Minuscoli drammi quotidiani/40: Cercar casa III

Arriviamo, famigliola al completo, puntualissimi per visitare un appartamento un po' fuori dal centro, ma promettente. Questa volta, eccezionalmente, so pure il campanello da suonare, il piano a cui salire, i dettagli insomma.
Fuori dal portone, una mamma, anche lei pupo-munita (che è risaputo, a cercare casa con dei bambini si sale nella graduatoria arbitraria dell'agenzia immobiliare di turno, e quindi chi ha bambini li porta, chi non li ha, li ruba e li porta, per farsi bello con l'agenzia, e per scoraggiare gli altri aspiranti all'appartamento), ferma in attesa.
Conversazione di circostanza: anche lei qui per la visita? Sì, voilà, ecc ecc.
Silenzio.
Io: Ha suonato il campanello?
Lei: Sì, so che bisogna suonare a Madame Pincopalla, ma vede, ho premuto qui (e indica un grande interruttore bianco con la scritta L sopra) e si è accesa la luce.
Lo ripreme. Si riaccende la luce esterna. Ronzio di elettricità. Silenzio.
Io guardo incredula la ragazza, l'interruttore, poi, 10 centimetri sopra l'interruttore, la fila dei campanelli.
Riguardo la ragazza, che mi indica sconsolata l'interruttore, la luce, e davvero, mi spiega, non c'è modo di poter suonare alla Madame Pincopalla.
Timidamente, allungo il mio ditino quei 10 centimetri più su, scorro la fila dei campanelli, e suono alla signora Pincopalla, che gentilmente ci apre.
Lei si spertica in un: Geniale!
Io entro per prima.
L'appartamento spetta a me di diritto, in caso faccia al caso nostro.

19 settembre 2016

Minuscoli drammi quotidiani/39: Al mercato.

È quando meno te lo aspetti, mentre sei lì a pagare il tuo pacchettino di lardo pancettato al mercato, che la vegliarda elvetica in vestitino floreale si avvicina al tuo pupetto diecimesenne, e, con un gran sorriso, gli offre, prendendola dagli assaggi offerti dalla bancherella del mercato, una bella fetta di...salame!
Salame?
Me ne accorgo con la coda dell'occhio..Signora, no, per piacere! 
- Ma è buono! protesta la vegliarda.
- Ho capito signora, ma mio figlio non ha nemmeno un anno, non mangia ancora carne cruda di maiale salata, se permette. [E poi, se permette, deciderò io cosa mangia e cosa non mangia mio figlio, e quando mangia, o il suo abito floreale e la sua bianca permanente violacea le dà il diritto di farlo al posto mio?]
- Ah non ha neanche un anno! È così simpatico!

- ...Già.

P.S. Il dramma in questione è catalogato minuscolo, anzi, un'inezia, visto che, al lettore attento non sarà sfuggito, ora vivo in un paese in cui al mercato si può acquistare senza tanta difficoltà dell'ottimo lardo pancettato o dell'ottimo salame (o pane, frutta, verdura, dolci senza cannella, insomma, una pacchia!). Fare le spese in Svizzera, dopo 6 anni di Olanda, è rigenerante e mette allegria, altro che drammi: la vegliarda sarà presto perdonata, tranquilli.
 

16 settembre 2016

Minuscoli drammi quotidiani/38: Cercar casa II

La moquette non solo sulle scale condominiali, ma sulle pareti della tromba delle scale condominiali.


È giusto per avere quel senso di freschezza, e leggerezza, ogni volta che torni a casa.
E quell'attacco d'asma.

13 settembre 2016

Di liste d'attesa, di mobilità internazionale e di asili.

Non so come sia in Italia la situazione asili nido, sono parecchi anni che non ci vivo, né ci ho mai vissuto con un figlio. In Svizzera, canton Vaud, per la precisione, se ve lo state chiedendo, gli asili ci sono, a patto che abbiate fatto domanda per un posto circa 2 anni prima di averne bisogno, e che siate disposti a pagare, al mese, almeno uno dei due stipendi che la famiglia riceve.
E se siete gggiovani, dottori, e ricercatissimi ricercatori internazionali, e con i vostri contratti mobili, flessibili e all'avanguardia vi siete ritrovati catapultati in Svizzera con un bimbo di 3 mesi senza averlo saputo due anni prima, e quindi senza essere iscritti alle liste d'attesa? Peccato.
E se, sempre per le suddette ragioni, ne avete un solo, di stipendio? Ancora più peccato. 

Così oggi sono andata alla prima riunione con una maestra della mia vita da mamma (il tutto in Francese, lingua che conosco a malapena. Sono ancora meravigliata della mia sfacciataggine). Era un incontro per poter iscrivere T. alla lista d'attesa di un posto che un asilo non è, ma dove tengono, per un massimo di - udite udite - tre ore a settimana, una decina di bimbi, in un ambiente molto carino, a un prezzo ragionevole.

Distillato di dialogo
 
Maestra, dopo aver sentito la nostra storia: Così non non avete famiglia qui, che vi possa aiutare?
Io: Eh, no.
Maestra: E amici, avete almeno degli amici?
Io: Ehm..no. [Ma se vuole usare degli altri giri di parole per infierire, faccia pure]
Maestra, con faccia evidentemente contrita: Eh, è dura..
Io, che cerco di rassicurarla: Beh, non è poi così male...no?
Maestra: Guardi, la iscriviamo subito alla lista d'attesa. Non è molto lunga, e se non arrivano casi più gravi del suo, la dovremmo richiamare nel giro di qualche mese.
Io: Grazie! :-)
Maestra: Ma mi raccomando, se la situazione cambia, e lei si sente sola, e molto stanca, e pensa di non farcela, mi raccomando chiami subito che vediamo cosa possiamo fare.
Io: Ehm..grazie :-|


Non so se essere contenta o meno, ma insomma, siamo su questa benedetta lista. Per ben tre ore di asilo a settimana!

Non avremo famiglia ad aiutarci, né amici, ma siamo sulla lista d'attesa.
È questo che conta, per noi giovani, educati ed europei, giusto?

09 settembre 2016

Intanto.

Non scrivo molto qui, di questi tempi, e me ne scuso, con voi, sì, un pochino, ma soprattutto con me, che scrivere mi fa bene e farei meglio a ritagliarmi un po' più di tempo per questa sana attività.
Ho la scusa pronta: ultimamente c'è sempre qualcos'altro da fare!
Un diecimesenne che si è messo a gattonare per la casa, e a ridere e a ballare e a farmi divertire.
Un lavoro da trovare, un appartamento da cercare, un posto, anche un'ora, in un asilo, che in questa città sembra più raro dell'oro (miglior riposta finora: signora, ci chiami di nuovo ad AGOSTO 2017, ma non credo avremo posto neanche il prossimo anno...???).
Una lingua nuova da imparare, dei lavori vecchi, da scienziata, da finire.
Dovrei imparare a  sfruttare meglio il mio tempo, tra un pisolino del diecimesenne e l'altro, le pappe da preparare, le spese da fare. 
Credo però di star migliorando, e voglio migliorare, su questo frangente. Promesso.

Intanto, per non rimanere con la penna ferma, mi sono improvvisata traduttrice dall'inglese all'italiano di alcuni articoletti scientifici per ragazzi.
Per chi fosse interessato, gli articoletti, che trovate qui, parlano delle ultime novità nel campo delle Scienze della Terra, Oceanografia e Meteorologia. 
Ideali, a mio parere, per tutti i ragazzi curiosi, o per insegnanti e genitori che vogliono proporre qualcosa di attuale e interessante.
Pian pianino tutti gli articoli vengono tradotti dall'inglese nelle svariate lingue europee, in modo da raggiungere un pubblico sempre più vasto.
Io mi fregio di fare la mia parte, imparo, e mi diverto.

Intanto, per la Scienza, va bene così. 
Per attività più impegnative e postdottorali varie, sarò venale, ma preferirei essere pagata.

06 settembre 2016

Minuscoli drammi quotidiani/37: Cercar casa.

Gentile inserzionista,
tu che pubblicizzi online l'annuncio della tua casa in affitto, indicando data e ora in cui aprirai la porta al pubblico per far visitare l'appartamento, tu che sai che avrai almeno 20 o 30 persone come minimo minimo che ti gireranno in casa contemporaneamente in quella suddetta ora, tu, che hai scelto tu quell'ora, fra tutte le 24 possibili di quel giorno che, ancora, hai scelto proprio tu, e l'hai pubblicizzata su internet, sul sito di annunci più popolare della Svizzera, proprio tu: potevi evitare, in quella medesima ora, di avere il tuo compagno che dorme seminudo sul vostro letto, nella vostra stanza, stanza che fai visitare a frotte di gente dicendo che non c'è alcun problema,  "solo, parlate piano, grazie".
Parlate piano? 
E sempre in quell'ora (perché è di un'unica ora che parliamo), potevi evitare, fra il via vai di persone in casa, che ti chiedono della situazione condominiale, di quante lavatrici a settimana si possono fare, e altre simili amenità, di metterti a cucinare del pollo, affumicando tutta la cucina?

Evidentemente no.
O forse sono io, che devo ancora imparare a cercar casa. 
Tranquilli, siamo solo agli inizi...



01 settembre 2016

Microrecensione #115: "Le città del mondo" di E. Vittorini.

18/06/2016 - 25/07/2016 "Le città del mondo" di E. Vittorini.
Un libro inaspettato, arrivato a casa per curiosità (di Subirotamic), e letto tutto di un fiato (sapevatelo: il fiato di una mamma di un 10 mesenne dura molto di più di un fiato normale).
Più storie che si intrecciano, o che prospettano di intrecciarsi, sullo sfondo di una Sicilia estiva, povera: di pastori,  contadini e donne di piacere, sposi in fuga di locanda in locanda, e ricca: di latifondisti, di famiglie borghesi, di tapparelle abbassate nei salotti per non far entrare il mezzogiorno.
Uno stile particolare, che incanta e rilassa, a passo d'asina, e con qualche campanellino a tintinnare.
Un bellissimo romanzo, insomma, fino a che non si ferma.
Purtroppo, infatti, il libro è incompiuto, e se questo vi fa venire i nervi a fior di pelle, per carità, io vi ho avvisato.
Dopo la fine dei capitoli informa definitiva, si possono leggere altri capitoli in divenire, in ordine sparso, che portano avanti un pochino quei fili, quelle storie, lasciate sospese.
Ma non di tutte le storie, purtroppo, si arriva a capire come e quando si sarebbero intrecciate l'una nell'altra o dove sarebbero andate a parare. Leggere questi ultimi capitoli alla rinfusa è un po' come spiare da un buco della serratura, ricaviamo un'idea parziale e confusa del seguito, che ci lascia solo la curiosità di saperne un po' di più, ancora un capitolo, un paragrafo, una frase, almeno una parola.

30 agosto 2016

Minuscoli drammi quotidiani/36: Fagioli.

I fagioli, si sa, possono avere effetti spettacolari.
Ma cosa possiamo aspettarci da questi?


Gnammi!
Sugli scaffali etnici dei migliori supermercati Svizzeri.

04 luglio 2016

Commenti non richiesti: la maternità e l'artista.

L'altra sera mi è capitato di leggere questo pezzo, "Mather, writer, monster, maid" di Rufi Thorpe sulla meternità e alcuni dei suoi aspetti meno idialliaci e pastello.
L'articolo si sofferma sull'inconciliabilità  di essere madre e scrittrice, o, più in generale, di essere madre e artista.
L'articolo è interessante, ha un sacco di riferimenti ad altre scrittrici e madri, e ad altri saggi sull'argomento, ne consiglio davvero la lettura, e non solo alle madri, anzi.

Non che io mi senta né artista, né tanto meno scrittrice, ma madre, a volte, nell'ultimo periodo, sì, così volevo dire la mia su di un punto toccato dall'articolo, magari non il più importante, ma che mi ha colpito perché mi ha immediatamente scatenato un "non è vero".
Ho trovato detto che il mestiere di artista è fondamentalmente inconciliabile con quello di madre, in quanto un'artista, per essere efficace, deve mettere a disagio, far crollare certezze, mettere in discussione tutto e tutti, mentre una madre, per essere una buona madre, non deve far altro che rassicurare, proteggere, e costruire roccaforti di certezze intorno alla sua nuova creatura.
Sono mamma da solo otto mesi, ma mi sento di dissentire.
Sul primo punto, sul ruolo dell'artista, quello di mettere a disagio è sicuramente uno dei tanti ruoli possibili. Ce ne sono anche altri, a mio parere: quello di far riflettere, di far arrabbiare, di lasciare a bocca aperta, di far ridere, o di far sognare, di far ricordare. Ce ne sono poi sicuramente molti altri, e più me ne vengono in mente, più mi sembra che una madre faccia questo e nient'altro, ogni giorno, da quando al mattino prende su il suo fagottino dal lettino a quando ce lo rimette, troppo stanco per addormentarsi, lui, la sera.
Sul secondo punto, non credo che una madre debba solo rassicurare e costruire certezze intorno al suo bimbo.
Da quando c'è T. in giro, tutte le mie certezze sono crollate. Ogni giorno si ricomincia daccapo: mi scopro più paziente di quanto pensassi, meno fantasiosa di quanto credessi,  mi scopro felice di passeggiare in città, al mattino, di allattare di notte, più insicura, meno triste, più fiduciosa, meno rigida di quanto mi ritenessi.
Poi, il giorno dopo,  è tutto il contrario, e il giorno successivo, si ricomincia. 
T. è sempre diverso, ogni giorno un uomo più definito.
Ogni giorno imparo a conoscerlo, e a conoscere me come non facevo da tempo.
Non attraverso i suoi occhi, enormi e spalancati, ma attraverso quattro paia di occhi, i miei e i suoi insieme, mischiando ricordi a stupore, storie lette un milione di volte a entusiasmo e scoperta, futuri, esperienze, sogni, giochi e doveri.
Anche questo, per ora, è la maternità. 
Nessuna certezza, T. me le ha tolte tutte, ma una serie infinita di tentativi, perché dobbiamo reinventare un mondo che credevo di conoscere, e per farlo le mie certezze ci sarebbero solo di intralcio. Ci servono idee nuove.
Nessuna certezza, quindi, ma materiale interminabile per creazioni e narrazioni, eccentriche e originali, lunghe una vita.

Alla fine della giornata, il problema a tradurre in arte tutti gli stimoli che la maternità ti offre, è sicuramente, come detto anche nell'articolo in questione, il tempo e lo spazio per farlo.
Ma la cosa è meramente pratica, e non mi sembra che un minuscolo dettaglio.
Poche cose scombussolano tutto come creare un uomo, con tutti i suoi dettagli e le sue sfumature, e per farlo, non si può che accettare di mettere in discussione tutto, di spazzare via tutte le certezze, e essere pronte a riceverne una nuova ogni giorno, o per lo meno di qui ai prossimi 18 anni.
A mio parere (non richiesto), quindi, nessun conflitto tra lo stupore e la freschezza di un'artista, e lo stupore e la freschezza di una mamma.
Entrambe offrono al mondo i loro occhi rinnovati, e per forza di cose, con i loro gesti, quel mondo, un pochino lo cambiano.

20 giugno 2016

Microrecensione #114: "Il migliore amico dell'orso" di A. Paasilinna

15/05/2016 - 16/06/2016 "Il migliore amico dell'orso" di A. Paasilinna. Cosa ci fanno un pastore luterano finlandese in crisi mistica, il suo devoto orso ammaestrato capace di stirare le camice, e una giovane operatrice radio russa nel bel mezzo del Mediterraneo?
Beh, ci fanno un sacco di cose. Per esempio: stimolano il dialogo interreligioso, danno spettacolo a bordo di navi da crociera, lanciano giavellotti verticalmente e ascoltano segnali provenienti dallo spazio lanciati da intelligenze aliene.
Infine, manco a dirlo, si preparano per il prossimo inverno, per un letargo con i fiocchi, da passare in un isolatissimo chalet in Lapponia.
Mai spaventarsi dell'accozzaglia di situazioni create da Paasilinna nei suoi romanzi. Lasciatevi solo trascinare, tra un'ottima sauna finlandese a Malta, un monastero sperduto su di un'isola del Mar Bianco, e qualche fattoria nordica, da quella sua ode alla vita e all'avventura semplice e allegra, di una sincerità disarmante, e, per questo, mai stucchevole né banale.

16 giugno 2016

Di scarpe e abitudini

Sono fortunata: per ora non mi è stato dato di vivere in posti normali, città come tutte le altre, posti senza qualcosa di, letteralmente, straordinario. Vengo dalla città più bella del mondo, palazzi di merletto avorio sui canali verdi, mosaici d'oro e silenzio. Ho abitato sei anni su di un'isola del Mare del Nord, vento, dune di sabbia, e Mare del Nord, appunto. E ora me ne sto qui, sulle rive di un lago, in bilico in questa città pendente, tra pascoli, cioccolato e cattedrali.
In ognuno di questi posti mi piace notare come, per la peculiarità del luogo, ci siano degli abiti, o meglio, delle calzature che altrove risulterebbero quantomeno bizzarre, e che invece sono sdoganate o addirittura ben viste non solo per l'uso quotidiano, ma anche per qualche occasione che magari richiederebbe una calzatura più classica, un pranzo di lavoro, chessò, un'occasione, ecco.
Nella città lagunare, parlo ovviamente degli stivali di gomma al ginocchio, che per via dell'acqua alta, passano assolutamente inosservati tra le botteghe eleganti del centro, le chiese, e in un raggio di una trentina di chilometri in treno o in autobus da e per Venezia.
Sull'Isola, parlo degli stivali antinfortunistica da pescatore. Utilissimi su ogni terreno difficile, dalla sabbia al fango, alla neve e al ghiaccio, sono accettati al bar, al ristorante, in ufficio, dal parrucchiere, in spiaggia o in bicicletta. Disponibili in due colori, marrone scuro o marrone tendente al giallo, dividono la popolazione dell'Isola in due, a seconda della scelta cromatica. Perché tutti ne hanno un paio, senza eccezione. Io, per dire, sono della fazione dei gialli.
Qui, nell'opulenta cittadina svizzera, la calzatura sdoganata è senza dubbio lo scarponcino da montagna, che ho visto arrampicarsi nelle stradine centrali, tra una banca e l'altra, entrare in cioccolateria o prendere un caffè di lavoro nei sofisticati bar Nespresso.
Durante i mesi invernali, anche aggirarsi in centro con un paio di sci in spalla è normale. Ho visto gente al supermercato fare la spesa con gli sci sotto braccio. E ovviamente, scarponi da sci ai piedi.
Non proprio la calzatura più comoda per una passeggiata in città, ma tant'è, a volte qui si incontrano eteree donzelle in tacco 12 scalare, o peggio ancora, discendere, i viottoli e le scale di questa città obliqua.
E se la scelta è tra scarponi da sci e tacchi alti, datemi gli stivali da pescatore, vi prego.

03 giugno 2016

Microrecensione #113: "Abdul Bashur, sognatore di navi" di A. Mutis

25/04/2016 - 01/06/2016 "Abdul Bashur, sognatore di navi" di A. Mutis. Mutis si fa in questo libro biografo di Abdul, amico e compagno di molte avventure del Gabbiere. Ne racconta degli aneddoti con l'aiuto di alcune lettere di Abdul alla sorella, e attraverso i racconti del Gabbiere stesso.
Ne racconta gli amori, gli affari, le amicizie, la sua reazione alla morte di Ilona, gli anni della malavita, e infine, la sua stessa morte, che sarà la morte per la quale tutti gli attimi della sua vita sono andati a consumarsi.
Un bel morir, qualcuno dirà. 
Un bel libro, posso dire io.

E con questo si conclude la mia lettura dei tre volumi di Mutis ricevuti per il compleanno:"La casa di Araucaíma", "L'ultimo scalo del Tramp Steamer" e appunto, "Abdul Bashur, sognatore di navi".
Così, all'inizio di quest'estate timida e bagnata, mi son fatta cullare dall'odore di nave, di ruggine e di gasolio che emana dai libri di Mutis, mi son fatta trasportare da quell'idea di porto, viscido di alga, gremito di vita, di ristoranti e di qualcuno che aspetta qualcuno, e ho paura di esser caduta vittima di quella nostalgia dell'onda, del mare, del vuoto così pieno che si adagia sull'orizzonte oceanico, che qui, in riva al lago, tra le barche, riesce a essere insieme così naturale e così stonata.


 


26 maggio 2016

Ipotesi di complotto (cit.)

Da un po' di tempo circola in famiglia un'idea sovversiva sul fatto che al mondo, in realtà, esista un'unica, grande fabbrica di pannolini, che alla fine del processo di produzione, a seconda della marca, ci stampa sopra il disegnino prescelto, frutto dei più recenti studi in fatto di design per pannolini, ci spruzza un po' di colore violablu o verdeazzurro, in tonalità rigorosamente neutre, sempre a seconda della marca, et voilà, ecco pronti pannolini diversi, dai prezzi più disparati, da spedire ai vari scaffali dei supermercati di tutto il globo terracqueo.
Fino all'altro giorno era solo un'ipotesi vaga, supportata dal fatto che ormai qui si sono già acquistati pannolini in quattro diversi paesi europei (Olanda, Francia, Svizzera e Italia), in un arcobaleno di diverse marche per ciascun paese, e sostanzialmente, la fattura dei pannoletti mica cambiava. O erano del tipo "cartonato", o del tipo "sofficini", rispettivamente, nella nostra ricostruzione complottistica, prodotti di generazione N, o generazione N+1, indipendentemente dalla marca (vedi i pannolini della Lidl, che in identica confezione sono di tipo "sofficini" in Francia, di tipo "cartonato" in Svizzera, e misti in Olanda, a seconda della partita nello specifico supermercato).
Ora però c'è di più. E la cosa comincia a puzzare. E non lo dico per fare facile umorismo allusivo allo scopo di questi benedetti pannolini.
Eccovi due fatti, apparentemente indipendenti.
Primo fatto.
Un po' di settimane fa, qui a casa, si è approfittato di una buona offerta di pannolini alla Coop (Svizzera), e se ne è fatta una scorta. Sulla confezione, i pannolini presentavano un motivo decorativo a tema "occhi di ranocchio che adocchia diversi tipi di insetti". 
Aperto il pacco, in realtà i pannolini presentavano un motivo decorativo a tema "Raperonzolo e i suoi capelli". Poco male. 
Secondo fatto.
Qualche giorno fa, in Italia, si è acquistato un pacco di pannolini, giusto per non trovarsi senza, al Centro commerciale Discount di un noto paese del pordenonese. E indovinate qual'era il motivo decorativo (questa volta sia sulla confezione che sui pannolini!)? L'appetitoso "occhi di ranocchio che adocchia diversi tipi di insetti"!

Non ci sono più dubbi, la storia della fabbrica unificata di pannolini e una realtà.
Ed ecco svelato il suo segreto anche a voi, fortunati lettori!
Sentitevi ora liberi di affluire in un qualsiasi supermercato e comprare una qualsiasi marca di pannolini a vostra scelta (economica, etica, estetica, et cetera).
Vi auguro di trovarvi il ranocchio affamato, o l'ippopotamo felice che sguazza nel suo stagno. Che anche quest'ultimo tema, come "facile umorismo allusivo" su di un pannolino, non è niente male.

02 maggio 2016

Minuscoli drammi quotidiani/35: Il distributore.

Il distributore automatico di carne cruda, alla stazione dei treni di Pully. Non credo ci sia altro da aggiungere.

È tutto vero (anche i prezzi!).

29 aprile 2016

Microrecensione #112: "L'ultimo scalo del Tramp Steamer" di A. Mutis

11/04/2016 - 17/04/2016 "L'ultimo scalo del Tramp Steamer" di A. Mutis. La rotta di un Tramp Steamer cadente e arrugginito si intreccia per caso con i viaggi del narratore negli angoli più remoti degli oceani, tra il Baltico e i Caraibi.
Solo a bordo di un battello fluviale, in una navigazione lenta, soffocata dall'afa e dalle zanzare della giungla, e rinfrescata solo dalle caraffe di vodka e pera con ghiaccio servite dall'equipaggio, potremo ritrovare le fila di questi incontri, scanditi da una storia d'amore come tante, impossibile, impossibile come le traversate oceaniche di quel rottame di Tramp Steamer, e bella e semplice e se vogliamo anche banale, come il mare, per un marinaio.

26 aprile 2016

Bébé à la bibliothèque et sa Supermôm

Come si può immaginare, anche se sulla carta, o meglio, sul volantino, andare in biblioteca ad ascoltare storie con la scusa di un bébé suona benissimo, nella pratica, stamattina, mi son trovata ad esitare.
Una biblioteca sconosciuta, in una città per lo più sconosciuta, ma, soprattutto, una lingua sconosciuta, le Français, non aiutano ad uscire, se fuori pioviggina e e nuvole grigie si addensan sopra la suddetta città sconosciuta.
Alla fine però ha vinto la curiosità, o l'esser figlia di una bibliotecaria, non so, e preso bébé, passeggino e copri passeggino da pioggia, che non si sa mai, ci siamo diretti à la bibliothèque.

E che buona scelta è stata!
Una decina di bimbi, da pochi mesi a due anni, un tappetone rosso e tondo sul quale rotolare, qualche pupazzo, un carillon, e due ceste di libri da curiosare.

I libri che hanno letto sono "Quando sarò grande" (attenzione: un libro per bambini non buonista, finale a surprise!) e "Fra le mie braccia" (per chi fosse in attesa di un fratellino o di una sorellina) ovviamente nella loro versione francese, ma me li son proprio goduti. 

Dopo le letture ad alta voce, tempo per l'esplorazione, e direi che a T., ormai raffinato lettore poliglotta, è piaciuto più di tutti "Le Monstre" (questo non l'ho trovato in italiano).

Come mi è capitato di pensare alla fine di molte di queste mie, nostre, prime giornate losannesi: ho fatto proprio bene ad andare. 
La lingua, il paese, le novità: è tutto faticoso, ma per ora non c'è stata una volta che mi sia pentita di aver preso bébé e bagagli e esser andata a qualche iniziativa mamma e bébé, autopromossa o istituzionale come questa della biblioteca. 
T. così comincia a vedere un po' il mondo, a balbettare con altri bambini, inizia a rubare il ciuccio e a farselo rubare, a tenere stretti i suoi calzini, a rotolarsi fra i libri. Ascolta a casa l'italiano, e, in queste occasioni, il francese.
E io con lui.

Poi, sulla via di casa, incrocio questo, e per aver parlato in francese per più di cinque minuti con la bibliotecaria, facendo domande, capendo le risposte, e interagendo sulla soglia della normalità, me lo dedico tutto:




21 aprile 2016

Microrecensione #111: "Pimpa. Buonanotte, Luna!" di Altan.

Ora non è che mi metterò a recensire tutti i libri letti con T., anche perché avrei già perso in partenza, visto il numero di libri divorati al giorno.
E quando dico divorati, non lo dico certo così per dire.
Però alcuni libriccini mi divertono, come questo, o mi colpiscono per qualche motivo, e allora via, scrivo una microrecensione anche per loro.
"Pimpa. Buonanotte, Luna!", in particolare, mi ha meravigliata. 
Sono poche frasi, 10 illustrazioni in tutto, una Pimpa. Ma che pace. Viene da leggerlo quasi sottovoce, per non disturbare quel paesaggio semplicissimo e notturno, il grillo, la civetta. Tra i tratti decisi del disegno, e i colori uniformi, si respira il silenzio della notte, il buio illuminato di stelle, la luce bianca della Luna, la luce gialla dalle finestre della casa, le colline morbide. 
È un librino che mette calma, tranquillità, voglia di rallentare. Di godersi il fruscio della notte.
A T. non so, ma a me, sicuro.

18 aprile 2016

Inaugurazione.

Da quando è nato T. non avevo ancora tirato fuori la macchina da cucire, se non per imballarla, inscatolarla, stivarla sul camion del trasloco sull'Isola, riceverla qui in Svizzera, disimballarla e punto.
Avrebbe funzionato ancora? Mi sarei ricordata di come usarla?
Così l'altro giorno, tanto per inaugurare l'attività sartoriale losannese, mi sono lanciata in un piccolo progetto, ricco di cose che NON so fare. 
Tipo: i vestiti in generale, le asole dei bottoni, gli orli ben fatti, le cuciture elastiche, etc.
Giusto per cominciare con slancio, ecco.
La scusa era di finire il pile e il materiale avanzati da questa coperta
Colori autunnali, riccetti simpatici, ritagli di stoffa.

Il pattern per il maglioncino l'ho scaricato qui, l'ho un po' rimpicciolito, ma non troppo, dato che comunque il prossimo inverno è ancora lontano (e meno male).
Ho aggiunto la tasca davanti, e improvvisato un po' con la stoffa a mia disposizione et voilà, anche le cose che non si sanno fare, alla fine si fanno.
Magari non perfette, magari bisogna farle due, o tre, o quattro volte, ma alla fine la felpina si è fatta, e da lontano, pare pure mettibile.
Il modello è ancora troppo piccino per indossarlo, la prova del nove la rimandiamo a temperature più rigide. Per il momento, si è limitato ad apprezzare la fattura dei tessuti e il pratico design.


Così ecco il riusultato finale, con una manica rattoppata per mancanza di stoffa elastica nella direzione voluta. Ma a chi è mai piaciuta la simmetria nei vestiti?
Arrivederci a Ottobre prossimo, quando qui a Losanna si darà prova di stile ed eleganza senza pari.



14 aprile 2016

Microrecensione #110: "La casa di Araucaíma" di A. Mutis

07/03/2016 - 04/04/2016 "La casa di Araucaíma" di A. Mutis. Non un libro alla A. Mutis, ma una raccolta di racconti, alcuni brevi, alcuni più lunghi, e alcuni sulla durissima esperienza in carcere dell'autore.
Le ambientazioni sono diverse, nel tempo e nei luoghi, e, forse perché non me l'aspettavo, mi hanno stupito tutte, a mano a mano che emergevano dalle pagine.
In comune, i racconti, hanno forse una certa inevitabilità degli eventi, una traiettoria ormai fissata verso una morte comprensibile, o meno, una celebrazione della vita, o almeno un tentativo di darle un senso.
I racconti dal carcere sono come ce li si aspetta: crudi, tristi, sporchi.
Una lettura non leggera, insomma, ma che non delude, e che mi ha fatto scoprire un Mutis che non conoscevo.

11 aprile 2016

Per ora.

Vivo in Svizzera ormai da due mesi pieni, ed è ora del primo punto della situazione. Sono venuta qui senza conoscere nessuno, ma nessuno nessuno, ma fortunatamente dopo due mesi di fervente attività di mamma-espatriata-a-casa-con-cinquemesenne, posso contare ormai su alcune conoscenze che in futuro, chissà, magari sfoceranno in amicizie. Dipenderà da molte cose, ma in primo luogo, ormai mi par di aver capito, da quanto mi fermerò io, qui, e da quanto si fermeranno loro. 
Ma di questo parleremo in futuro, oggi la mia riflessione cade su di un'altra osservazione.
Per ora, tra le mie conoscenze annovero: una coppia italogreca, una coppia bosniaco-venezuelancanadese, una coppia serbo-portoghese, una coppia di francesi di Lione, un'altra americanmessicana-francese, una ragazza Uzbeka, svariate tedesche, austriache e americane. Un ragazzo italiano, due spagnole, un'inglese.
Anche Subirotamic ha avuto modo di conoscere qualcuno nel suo nuovo istituto, dunque: un australiano, un tedesco, due iraniani e una cinese. Un italiano, e un altro tedesco.

Ma ... e gli svizzeri? Si narra che nel laboratorio di Subirotamic si aggiri un tecnico svizzero, ma sono pochi a credere nella sua esistenza.
Sarà vero che da espatriati si frequentano solo "certi" ambienti, ma anche la scorsa settimana, dalla parrucchiera (italiana), le uniche clienti oltre a me erano madre e figlia spagnole!

Credo ci sia qualcosa che mi sfugge, di questo Paese, per ora.
E per ora, quel qualcosa, sono gli svizzeri.
 

08 aprile 2016

Microrecensione #109: "Storie allegre" di C. Collodi

09/03/2016 -  23/03/2016 "Storie allegre" di C. Collodi. Prima di scoprire questi raccontini non sapevo che Collodi avesse scritto altro oltre a Pinocchio, che ho sempre trovato, come molti altri, credo, leggermente inquietante, vagamente spiacevole, insomma, non proprio il mio libro preferito.
Al contrario, leggere queste storie allegre è stato proprio uno spasso, tanto che speravo che T. non si addormentasse per poter continuare a leggere ad alta voce i racconti. 
A volte, lo ammetto, ho finito le storie seduta sulla sedia in camera sua, mentre lui già ronfava della grossa, noncurante delle avventure di monelli vari e delle scimmietta Pipì.
Ma povero, sventurato scimmiottino rosa! - dovevo pur sapere come andava a finire la sua storia, e non si poteva certo aspettare il prossimo pisolino...
 

30 marzo 2016

Composizione.

Composizione di foresta e tulipani, per armadio svizzero:


Questo per dire che più o meno qui si è finito di traslocare, si è ricominciato a dormire (grazie principalmente a questo libro che, se anche poi l'autore ha ritrattato alcuni punti, se anche magari bisogna prenderlo con le pinze, se anche si può dire tutto e il contrario di tutto, se anche, il fatto è che con T. ha funzionato dal primo giorno, e siamo tutti più contenti, lui e noi), si stanno concludendo le ultime pratiche burocratiche (era ora, dopo due mesi!), e insomma, qui si è, a tutti gli effetti, arrivati.
Così arrivati che nel week end pasquale, oltre alle canoniche pulizie, e alla canonica gita fuori porta all'Isola-ora-non-isola di Ogoz, si ha pure avuto tempo di attaccare foto, in giro per gli armadi e per le pareti. 
Foto di mare, ovviamente, che qui manca il suo sapore salato, e foto di Venezia, che T. non c'è mai stato, e deve abituarsi a una certa idea di bellezza.
Foto di viaggi, perché fra poco si dovrà ripartire, in tre, e sarà tutto diverso.
Foto di pance, perché c'è stato anche un prima, foto di nuvole, per sognare forme volanti, e foto di sogni, per conciliare la nanna.
 
E foto dell'Isola, di sabbia, di schiuma di onde, di foresta e di tulipani, perché è da lì che siamo partiti, e lì abbiamo lasciato il vento forte, la pioggia, la solitudine e il vuoto, ma tutte le cose belle, le abbiamo portate con noi.

24 marzo 2016

Ogni mattina, di Primavera.

Ogni mattina, apro le imposte verdazzurre della cucina. Le apro sulla siepe, sul vialetto, e la cucina si inonda in un attimo di luce, gialla, di sole, azzurra, di cielo. T. guarda la finestra, le sue sottili fessure di luce, che d'un tratto si trasformano in foglie, nuvole, rumori di strada, mondo. 
Sorride stupito, ogni mattina.

E ogni mattina di questa Primavera, per un attimo, ci sembra che nevichi.
Invece è l'albero dei vicini, nuvola di fiorellini bianchi, che si scrolla di dosso la notte, che soffia petali bianchi, fiocchi di Primavera, davanti alla nostra finestra.
Vanno a punteggiare il marciapiede e la strada, a farli più belli, sfumati di bianco, di rosa e di buon umore, per i passanti.




14 marzo 2016

Minuscoli drammi quotidiani/34: La ciotola.

Minuscolo dramma è l'oggettistica che si trova negli appartamenti affittati già ammobiliati, così, in generale.
In particolare, questa ciotola-cervello di scimmia triangolare.


Mozzafiato.
A volte mi chiedo se chi è il responsabile di tutto questo, perché c'è sicuramente un responsabile - uno che ha guardato il progetto "Ciotola triangolare arancio e nera" e ha detto: bella, mi piace, mettiamola in produzione! - ecco, se il responsabile, dorma sogni tranquilli.
Non che io gli auguri di non farlo. 
Solo, io mi chiedo se.

10 marzo 2016

Microrecensione #108: "Fiabe lapponi" di Autori Vari.

3/11/2015 - 7/03/2016 "Fiabe lapponi" di Autori Vari.
Per fortuna T. è ancora così piccolo, e ho potuto leggergli queste fiabe un po' tristi, opache, umide di boschi e fradice di neve, senza dovergli spiegare cosa volesse dire "squartare", o "maligno", o senza terrorizzarlo con storie di  orsi, infanticidi o cose del genere. Spero.
Se anche voi potete leggerle senza dare spiegazioni  a nessuno, e siete pronti ad accettare racconti sconclusionati, con pochi capi e pochissime code, allora queste fiabe fanno per voi.
A me non hanno fatto altro che confermare l'idea stereotipata che ho di questo grande Nord, pieno di vecchie malvagie che abitano nei boschi, di uomini disperati disposti a patti con il diavolo pur di avere qualche moneta e un fuoco attorno al quale scaldarsi. 
Ma anche di fanciulle diafane che si aggirano tra le betulle,  di pescatori coraggiosi e di ragazzini scaltri che sanno destreggiarsi fra orchi, giganti e pozioni, immancabilmente con un'ascia sotto braccio. 

16 febbraio 2016

Minuscoli drammi quotidiani/33: C'è un buco nel legno.

In queste prime due settimane in Svizzera ho imparato che qui, nei set di posate di legno, invece del forchettone, c'è questo.


E vabbè, effettivamente non è che si può cambiare paese così, alla leggera, e ritrovare senza fatica i comodi vecchi agi di sempre.

12 febbraio 2016

Un nuovo espatrio

Ed ecco che il motivo primo per cui mi trasferii sull'Isola, anni e anni fa, viene meno, così, d'un tratto. Prima dovevo finire un dottorato, poi, l'ho finito.
Non faccio neanche in tempo ad accorgermene, mi fregio del titolo di dottore per pochi minuti, giusto il tempo prima della poppata successiva, giusto il tempo prima di finire lo scatolone successivo.
Che la vita sull'Isola va inscatolata e consegnata alla ditta dei traslochi, che si parte, presto, prestissimo, verso Sud.
Si torna a casa? No, non è ancora il momento. Per adesso gironzoliamo per l'Europa ancora un po'.
E quindi si parte, in auto, con la culla ripiegata nel bagagliaio, il passeggino pure, il mio certificato di dottorato arrotolato fra i calzini, nello zaino, il sale e il pepe e l'olio della casa sull'Isola, che una certa continuità ci vuole, e via, Texel (NL), Echt (NL), Houffalize (BE) e Pont-à-Mousson (FR), e poi Pontalier (FR) e infine, la nostra nuova casa, questa volta sul lago: Losanna.
Ci accoglie al tramonto, dipinta di rosa dalla neve e dall'acqua che l'incoronano.
Niente diga, niente vento.
È una città, con la metro, gli uffici, i bar.
Che ne sarà del Bar Itti?
Ci son salite, discese, montagne, ponti di strade ad attraversare altre strade, scale e ascensori.
E la mia bici?
Le barche ormeggiate a due passi dalla strada, la spiaggia dietro la pineta, una specie di Barcola Alpina.
Ma dove sono le dune sconfinate? La sabbia fina che punge nel vento?
C'è un cielo di città, son sparite le stellate maestose dell'Isola. Sparita la via lattea, sparito il cielo a tuttotondo. 
Soprattutto, sparite le pecore.
Niente belati, solo il cinguettio mattiniero di uccelli cittadini, in sosta tra un albero e un palazzo. Mi mancava, e non me ne ero neppure resa conto, finché non li ho sentiti, dopo tanti anni, con la poppata delle 5.
C'è un lago, qui.
Ma dov'è il mare?

Ci vorrà tempo, pazienza e entusiasmo, per far di questo espatrio nuovo una nuova casa, incastonata fra i monti, sulle rive di un lago grande, o di un mare piccolissimo, se vogliamo.
Ma dall'Isola ormai siamo salpati, e questo è il porto da cui vi scrivo, per il momento.

09 febbraio 2016

Famiglia

Un po' di giorni fa il postino suona alla porta. Deve recapitare qualcosa, l'ho visto avvicinarsi dalla finestra con in mano un pacco, e già sobbalzo di curiosità. 
Apro la porta a vetri e lui con un sorriso mi guarda, mi porge la penna per firmare la ricevuta, e nel suo Olandese più cordiale mi chiede: è lei Famiglia?

Sbircio il pacco, giustamente indirizzato a  "famiglia Subirotamic, via etc etc", e intuisco.
Sì, sono io, sono io Famiglia.  
Olanda, terra della flessibilità e dell'elasticità linguistica, ove "famiglia" si dice "familie", insomma, non era poi così difficile, ma niente, anche stavolta, non ti smentisci.

E allora sulla ricevuta firmo così, Famiglia, che in fondo, è pure un bel nome.


15 gennaio 2016

Le luci della bici

A noi non bastano i milioni di modelli di passeggini in commercio, no, noi vogliamo di più. Cioè, non è che proprio proprio vogliamo, è che ci tocca.
E così al passeggino sono state aggiunte pure delle luci da bici. Bianca davanti, rossa dietro.
La strada sulla quale abitiamo, sull'Isola, non è illuminata.
Ed è bellissimo passeggiare al buio, travolti dalla Via Lattea o dal chiarore della Luna. Meno bello, però, incappare con il passeggino su di un passante oscuro, una bici senza luci, una pecora ribelle, che la notte ci sorprende ancora così presto, il pomeriggio, quassù.

11 gennaio 2016

L'ultima idrolitina.

Non son tanto gli scatoloni che si accumulano negli angoli del salotto, i mobili che spariscono a colpi d'avvitatore, i sacchetti di vestiti da portare al cassonetto apposito, il calendario che è dell'anno scorso e nessuno se ne cura, la mia intera collezione di magneti da frigo imballata e insacchettata in vista di frighi migliori.
Non è tutto questo, che mi ricorda che stiamo lasciando l'Isola, e questa casa.

È l'idrolitina che finisce. I funghi secchi che diminuiscono a vista d'occhio, il riso buono pure, l'olio quasi agli sgoccioli, le riserve di zafferano e di bicarbonato ai minimi storici, e io così, a cuor leggero, ad affrontare tutto questo, pensando che non importa, che bisogna finire tutto, che non devo organizzare al più presto la spedizione di nuove scorte.

È una sensazione strana, la casa che si svuota, il Brioschi che schiumeggia, e poi, più nulla.
Ma quando anche il sale grosso finirà, quello sì sarà il segnale che stiamo davvero per andare, lasciare tutto ed espatriare dall'espatrio, per iniziare altrove.



08 gennaio 2016

Video d'Aprile (e non è uno scherzo).

Per chi, non pago dei miei dettagliati diari di bordo, volesse vedersi addirittura un video su cosa succede, più o meno, quando vi scrivo dal bel mezzo dell'Oceano, ecco il video che chi di dovere ha messo in piedi, sulla crociera d'Aprile scorso. Buona visione!




06 gennaio 2016

Viva Viva la Befana!

È magnifico, la Befana riesce a raggiungerti davvero ovunque: anche se non hai un camino, anche se vivi su di un'Isola sperduta, e se non hai lasciato né mandarini, né pane, né vino, né altri generi di conforto sulla tavola apparecchiata. 
Lei arriva lo stesso, e una calza piena di doni spunta sempre, il 6 gennaio, in un modo o nell'altro.

Io comunque un sospetto ce l'ho. 
A Natale, Moka, il cane di cui si è già parlato qui, ha conosciuto il nuovo Subirotamic, che chiameremo NS, per brevità, e per sottile analogia tra la sua puntualità, e le ferrovie olandesi.
Qui sotto, prova fotografica dell'incontro fra le due bestioline.


Io credo che lei ne sappia qualcosa, di questa storia della Befana. Come spiegare altrimenti il ritrovamento, nel calzino pasciuto, di un'esatta copia del giocattolo preferito di Moka?

Vi chiedete poi quale sia, questo gioco incriminato? 
Che domande, siamo sull'Isola: una pecorella morbida morbida, da sgranocchiare o tenere stretta stretta, a seconda della dentatura di cui si è muniti.

Quest'anno, è ovvio, la Befana si è concentrata sul nuovo, nuovissimo membro della famiglia, ma anche a me qualcosina è arrivato.
E poi c'è chi non ci crede...

03 gennaio 2016

Minuscoli drammi quotidiani/32: L'albero di Natale, o, dell'eleganza.

Questo minuscolo dramma, o minuscolo paradiso, a seconda delle preferenze, chiude la stagione natalizia 2015/2016.
L'albero di Natale addobbato a forme di formaggio, gentilmente offerto dal comune di Alkmaar, lascia trasparire tutto il gusto sottile e raffinato degli olandesi; in poche parole, o in pochi addobbi, la loro innata eleganza.


Tranquilli, domani è lunedì, quassù si torna tutti al lavoro, e queste lucine saranno ormai solo un ricordo lontano...

Buonissimo 2016, a chi ama il formaggio, e a chi no!