23 ottobre 2011

Granellini.

Quando da giovine mi si chiedeva che mestiere facesse il mio babbo, io placida rispondevo che il mio babbo "raccoglieva e contava i granelli di sabbia nel mare". A questo punto l'inquisitore, sorpreso, o affascinato, o impaurito, non so, dalla mia risposta, non avanzava nessuna ulteriore richiesta di chiarimenti, e con un bel sorriso di entrambi la conversazione finiva lì.
Io non l'ho mai saputo perché le persone non capivano la mia risposta. Certo, era parziale, il papà non faceva solo quello, ma la conta dei pigri granelli vagabondi è un'attività di per sé interessante se non indispensabile, soprattutto per le civiltà acquatiche, come quella veneziana, o neerlandese. E' una cosa che andrebbe sempre fatta, e con zelo, ad esempio, prima di rubar terra al mare, o prima di costruire una qualsiasi diga, o prima di parlare dell'avveniristica "tidal energy" come alternativa energetica realistica.
Non si sa mai, infatti, quanti siano e dove vadano, questi granelli, e potrebbero rivelarsi all'improvviso, microscopicamente insieme, una gigantica scocciatura, incastrandosi nelle pale dei nostri novelli generatori, o insabbiando quello che doveva rimanere un mare, o fuggendo veloci da quella che doveva diventare una rinomata spiaggetta, paradiso della foca.
Così, sulle orme del babbo e per aiutare un amico e il progresso della Scienza in generale, ho passato tredici ore tra l'Isola e la terraferma, a contarli anch'io, questi granelli.
In figura, alcuni campioni appena raccolti, che aspettano di essere esaminati.
Che lavoraccio! Alla fine erano in totale 21534256798932561...

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