23 dicembre 2016

Joyeux Noël!

Breve selezione non esaustiva di regali di Natale che ho già ricevuto quest'anno:

- Nonostante 3 traslochi in 10 mesi, sono riuscita ad avere tutte le notti un tetto sopra la testa e un letto sotto il sedere (vabbè, a volte era solo un materasso, ma era comunque comodo)

- Ci sono state, quest'anno, delle elezioni in cui ha vinto chi volevo io

- Ho conosciuto un sacco di bimbi e un sacco di mamme bellissimi, il che fa ben sperare non solo per Natale, ma per il futuro dell'umanità (vedi anche punto precedente)

- Abito a un passo dal parco, a due passi dalle altalene

- Ho conosciuto una città nuova, mi è piaciuta molto, e ancora stento a credere che sia proprio quella in cui abito, abituata come sono a prendere un ferry e allontanarmi da dove vorrei essere

- Ho un bimbo che balla il rock'n'roll

- Un lago, i monti intorno, l'abbraccio rosa del tramonto, ogni sera, proprio qui sotto

- Il dono delle lingue, a momenti, ma sempre in quelli del bisogno

- Nel nostro nuovo appartamento, c'è una cucina interamente magnetica

È finito lo scottex, lo so.

Se queste sono le premesse, sotto l'albero non potrà che andare meglio.

Buon Natale e buon 2017 a tutti!
Con un numero così bislacco, ci sarà sicuramente da divertirsi.

09 dicembre 2016

Microrecensione #117: "Il principe picinin - co i disegni de l'autore" di A. de Saint-Exupéry

01/12/2016 - 08/12/2016 "Il principe picinin - co i disegni de l'autore" di A. de Saint-Exupéry. Testo in dialetto veneto, traduzione di N. Penello.
Impegnativo microrecensire un libro come questo, soprattutto in una versione speciale come questa, di questi tempi bislacchi. Ma tant'è, questa è la versione che avevo sottomano (grazie S.!) quando ho deciso di rileggere questo classico, a voce alta, al mio principino che intanto imparava a impilare due cubi uno sull'altro.
Come penso per molti, la mia relazione con "Il Piccolo Principe" è una di quelle relazioni di amore e odio, a seconda dell'età, del contesto, degli anni di scoutismo sulle spalle, della soglia di sopportazione di stucchevolezza, varia come varia l'umore, con la pioggia e con il Sole, con il vento e il cinismo che sparpagliano i capelli sugli occhi. 
Si vede che è un momento in cui la mia soglia di sopportazione è abbastanza alta. O si vede che la traduzione in dialetto veneto riesce a togliere quella patina di stucchevolezza che la versione originale, a tratti conosciuta ormai a memoria, porta sempre con sé, fatto sta che questa lettura me la sono proprio goduta. Ho trovato credibilissimo il piccolo principe che parla in dialetto delle sue preziose coltivazioni sul suo pianeta lontano. Di come gestisce la minaccia dei baobab, e di come ha addomesticato la volpe, tanto amareggiata dal fatto che sul pianetucolo del principe non ci siano galline. 
L'ho scoperto, il libro, capace di prendersi meno sul serio, di raccontare semplicemente una bella storia, di parlare di stelle, di risate, di amicizie e di cose invisibili da cercare. Mi sono scoperta stupirmi di nuovo davanti al paesaggio silenzioso del deserto, e bere un'acqua buonissima al pozzo verso il quale avevo camminato piano piano. 
Mi sono divertita insomma, e sarà stata la storia, o sarà stata la lingua, non lo so. Saranno stati forse i capelli color del grano del mio principe picinin, che ogni tanto, tra una frase e l'altra, alzava gli occhi dai suoi studi sui cubi, e mi sorrideva soddisfatto.

07 dicembre 2016

Il velo.

Dicembre, ho ago e filo ancora in mano, spilli, un metro, e del velo bianco e leggero da sistemare. Un déjà vu lungo due anni.
Cucivo il mio vestito da sposa, gonna corta e strascico lungo, da indossare con un sorriso, insieme alle farfalle che volavano nel mio cuore.
Ora cucio le piccole tende bianche della nostra nuova cucina, nel nostro nuovo appartamento, nella nostra nuova città, nel nostro nuovo Paese.
Siamo in tre, adesso, ad affaccendarci in questa cucina: chi a cucinare, chi a mangiare, chi a sporcare in modi impensabili gli angoli più inaccessibili di questa stanza, o di se stesso. Chi a pulire, chi a cantare, chi a ridere e chi a imparare a bere da una tazza, chi a innamorarsi del sapore del Gruyère, chi a perseverare nell'odiarlo. Chi a rovesciare l'acqua per l'ennesima volta, chi a stupirsi anche oggi di quella magia chiamata radio, chi ad asciugare con uno straccio l'asciugabile, chi a guardare rassegnato un bimbo che sarebbe da mettere così com'è in lavatrice, se solo la lavanderia non fosse in cantina, e il nostro turno non fosse fra sei giorni.
Così, un velo bianco che ci separi dalla strada è necessario, per non fare entrare dentro troppo fuori, troppa confusione, che ci sono già abbastanza cose qui.
Basta un vedo-non-vedo però, perché curiosi si nasce, si cresce, e ci si coltiva, e un occhio sulla strada bisogna sempre averlo, per imparare dove va, per scoprire cose nuove, e per incontrare qualcuno, che poi, chissà.
Per riuscire a stare fra di noi senza troppe distrazioni, ma essere pronti a tutto ciò che la strada porta con sé.
In fondo, penso fosse questo il senso anche del mio velo da sposa.