01/12/2016 - 08/12/2016 "Il principe picinin - co i disegni de l'autore" di A. de Saint-Exupéry. Testo in dialetto veneto, traduzione di N. Penello.
Impegnativo microrecensire un libro come questo, soprattutto in una versione speciale come questa, di questi tempi bislacchi. Ma tant'è, questa è la versione che avevo sottomano (grazie S.!) quando ho deciso di rileggere questo classico, a voce alta, al mio principino che intanto imparava a impilare due cubi uno sull'altro.Come penso per molti, la mia relazione con "Il Piccolo Principe" è una di quelle relazioni di amore e odio, a seconda dell'età, del contesto, degli anni di scoutismo sulle spalle, della soglia di sopportazione di stucchevolezza, varia come varia l'umore, con la pioggia e con il Sole, con il vento e il cinismo che sparpagliano i capelli sugli occhi.
Si vede che è un momento in cui la mia soglia di sopportazione è abbastanza alta. O si vede che la traduzione in dialetto veneto riesce a togliere quella patina di stucchevolezza che la versione originale, a tratti conosciuta ormai a memoria, porta sempre con sé, fatto sta che questa lettura me la sono proprio goduta. Ho trovato credibilissimo il piccolo principe che parla in dialetto delle sue preziose coltivazioni sul suo pianeta lontano. Di come gestisce la minaccia dei baobab, e di come ha addomesticato la volpe, tanto amareggiata dal fatto che sul pianetucolo del principe non ci siano galline.
L'ho scoperto, il libro, capace di prendersi meno sul serio, di raccontare semplicemente una bella storia, di parlare di stelle, di risate, di amicizie e di cose invisibili da cercare. Mi sono scoperta stupirmi di nuovo davanti al paesaggio silenzioso del deserto, e bere un'acqua buonissima al pozzo verso il quale avevo camminato piano piano.
Mi sono divertita insomma, e sarà stata la storia, o sarà stata la lingua, non lo so. Saranno stati forse i capelli color del grano del mio principe picinin, che ogni tanto, tra una frase e l'altra, alzava gli occhi dai suoi studi sui cubi, e mi sorrideva soddisfatto.
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