27 agosto 2012

Bartolomeo, e pensieri sui guanti.

Torno ora dal lavoro sotto un cielo viola, greve di pioggia e trafitto da raggi obliqui, da una luce di un tramonto che no, così presto non me lo ricordavo proprio, potesse esserci.
Come è facile dimenticare l'inverno, impara Anna sull'Isola.

Tutto questo mi ricorda di appuntare qui due cose, due intuizioni di fine estate.

La prima, in bici, tornando a casa nella notte, dopo una cena da amici.
Pedalo sotto un'inconsueta valanga di stelle. E' buio pesto ed è solo mezzanotte, devo accendere le luci, non lo facevo da giugno, ed un pensiero mi accompagna lungo la strada di casa: se avessi i guanti! se avessi i guanti li indosserei volentieri. Che sia legale, a fine Agosto?

La seconda invece più che un'intuizione  è un'infatuazione, che spero si prolunghi fino a tardo inverno, e poi chissà. Si chiama Bartolomeo, ed eccolo qui: è un piantotto grasso e coloratissimo, che non ho potuto lasciare sullo scaffale del fioraio.


Ho pensato che avrebbe portato in salotto un po' di quell'allegria che mi instillano le piante grasse, riscaldando un po' l'atmosfera vegetale della casa, per il momento costituita solamente da Franca, la pianta spettinata, e Nicola, il mio basilico palma.
In più, la metafora di vitalità a tutti i costi che ogni pianta grassa porta con sé, è di certo un buon augurio che mi faccio, e vi faccio, all'inizio in quest'ultimo, lungo inverno isolano.

Per adesso funziona,  Bartolomeo mi accoglie paffuto e curioso quando torno a casa un po' stanca, sotto un cielo viola e greve di pioggia e trafitto di tramonto, e mi fa sorridere, proprio come oggi.

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