31 gennaio 2014
29 gennaio 2014
Riflessioni sul bidet (e sui cachi, sul pesto e su Ken il Guerriero)
ovvero
Sul Dialogo
Vivo qui sull'Isola, e in Neerlandia, ormai da quattro anni, ma negli ultimi mesi, tra le chiacchiere con i colleghi davanti a un caffè, sono emersi alcuni nuovi, piccoli, inquietanti, particolari che vanno a incidere sempre più profondamento il solco cultural esperienziale che divide una giovane cittadina italiana, sperduta nel Nord Europa, da un giovane cittadino olandese.
Particolari che hanno risvegliato in me un antico pensiero.
In questi quattro anni, dopo il sincero stupore iniziale di quanto fosse grande, questo baratro cultural esperienziale, tra me e i miei coetanei di qui, ho cercato piano piano di trovare alcuni punti di dialogo, qualche argomento sul quale fosse possibile davvero confrontarsi, riguardo al quale non parlassimo solo attraverso il nostro bagaglio di educazione, di cultura - nel senso più lato del termine -, e di famiglia, di cui siamo figli, qualche argomento in cui quindi la distanza fra noi non si facesse così grande da impedirci quasi di sentirci, l'un l'altro, tanto lontani i nostri pensieri.
Ma è possibile, dunque, questo dialogo giovane Italia - giovane Olanda?
A volte, sì.
Forse quando ci si confronta sui progetti per il futuro, che sono tanto personali quanto imperscrutabili, e lì quindi, non si azzarda a dire niente nessuno, siamo solo orecchie attente per chi ha voglia di raccontarsi. Forse quando si parla di film (ma solo recenti, per carità), e un pochino di viaggi, con questo popolo di viaggiatori folli. E di lavoro, e di tutto quello che ci ruota intorno, sicuro, che in fondo la mia esperienzia lavorativa è legata solo a questo Paese, quindi su quest'argomento partiamo dalle stesse basi.
Ecco, si può effettivamente parlare di questo, perché poi, più ci penso, più non non me ne viene in mente nessun altro, di questi argomenti, in cui parliamo noi, soltanto noi, senza la nostra Storia sulle spalle.
Di Cibo e Bevande non si può parlare: in quanto Italiano sei avvolto da un'aura di infallibilità e superiorità che impedisce totalmente una qualsiasi conversazione alla pari.
Letteratura, Storia, Storia dell'Arte, Religione, Politica e Linguistica sono invece ottimi argomenti di conversazione, ma solo con persone oltre i quarantacinque anni.
Interessante, deve essere successo qualcosa, al sistema educativo olandese e alla sua società in toto, fra quella generazione e quella successiva, perché le differenze sono incolmabili, e ce ne accorgiamo subito pure noi stranieri, che una sensibilità molto più latina e vicina alla nostra anima le vite degli oltrequarantacinquenni, mentre una mentalità più americana, per noi incocepibile e indecifrabile, ci allontana dai nostri coetanei.
Come mai, questa distanza? La scuola, la società, la Storia del Paese, la famiglia particolare e l'idea di Famiglia in generale, questi e sicuramente altri tasselli rendono Anna fondamentalmente diversa da una qualsiasi sua analoga olandese. Poi certo, c'è il singolo individuo e la singola volontà, ma qui non stiamo parlando di questo.
Stiamo parlando di due esponenti delle giovani élite culturali e sociali di due Paesi europei, che, posti davanti l'uno all'altro, senza ormai più barriere linguistiche, sono in ogni caso così tanto lontani per sensibilità e interessi, che il dialogo risulta non solo difficile, superficiale e vacuo, ma a volte sconfortante e triste, da parte mia, e probabilmente chissà in che modo altrettanto terribile da parte loro.
Io me ne accorgo perché a volte, quando parlo o chiedo consigli o pareri su di un libro o di un autore olandese, i miei coetanei semplicemente si alzano dal tavolo dove stiamo prendendo il caffè e vanno via, in silenzio, senza dire niente, come se non volessero neppure sentire il parere o il consiglio di chi, oltrequarantacinquenne, il libro l'ha letto, o magari anche no, ma ti sa consigliare qualcos'altro, o in ogni caso ha qualcosa da dire a riguardo, e reputa la Letteratura contemporanea del proprio Paese un valido argomento di conversazione.
Sarà un esempio sciocco, e limitato, come son io e come lo sono questi ultimi particolari emersi recentemente da cui tutto questo mio sproloquiare è scaturito, nell'ordine: 1. i giovani olandesi non sanno cosa sono i cachi (anche se al mercato, a anche al supermercato, vengono venduti normalissimamente in fianco alle mele e pere); 2. i giovani olandesi sanno a malapena cosa sia un bidet, e non credono all'esistenza di popoli che ne posseggono uno in ogni bagno; 3. i giovani olandesi, da piccoli, non guardavano i tragici, tristi e violenti cartoni animati giapponesi, che tutti ci hanno iniziato alla malinconia, all'eroismo e alle scene lente, forse anche alla noia; 4. i giovani olandesi non sanno cosa è successo nel Sessantotto, e si chiedono perché sia un anno degno di nota; 5. i giovani olandesi pensano che "pesto" sia un singolo ingrediente e che si possa scrivere sulle etichette.
Tutti indizi di un baratro incolmabile, ne converrete. Una mancanza di curiosità disarmante.
Ma all'improvviso, un pensiero: chissà poi come lo vede, il mio coetaneo olandese, questo baratro tra di noi. Chissà se lo vede. E cosa ne pensa. Non gliel'ho mai chiesto, di cosa vorrebbe parlare lui, in effetti, se non di Letteratura né di Van Gogh, ci sarà pure qualcosa che gli sta a cuore, di cui si interessa e sul quale vorrebbe confrontarsi con l'Altro.
Non gliel'ho mai chiesto, ed è molto stupido, sicuramente in linea con la, o frutto della, mia italianità.
Ad essere sinceri, ne ho parlato solo con gli oltrequarantacinquenni, e questo, come ho detto prima, chiaramente, non vale.
Allora ecco, un giorno, quando avrò raccolto i pensieri, domanderò loro del baratro, e sentiremo cos'hanno da dire.
Forse, per capirli, dovrò cambiare i miei metri di giudizio, i miei strumenti di valutazione del baratro, dovrò mettere in discussione la mia certezza calssica, latina, e un poco veneziana.
Dovrò ascoltare loro, creature de-bidetizzate, de-cachizzate, sarà terribilmente difficile!
La gloria di un'espatriata, però, passa anche di qui.
E se riuscirò a carpirlo, e a tradurlo, ve lo farò sapere, cosa vedono gli altri, quando si voltano e guardano me, noi, cosa si vede, insomma, dall'altra parte di questo buio baratro europeo che a volte, dopo quattro anni, ancora ci fa inciampare.
Particolari che hanno risvegliato in me un antico pensiero.
In questi quattro anni, dopo il sincero stupore iniziale di quanto fosse grande, questo baratro cultural esperienziale, tra me e i miei coetanei di qui, ho cercato piano piano di trovare alcuni punti di dialogo, qualche argomento sul quale fosse possibile davvero confrontarsi, riguardo al quale non parlassimo solo attraverso il nostro bagaglio di educazione, di cultura - nel senso più lato del termine -, e di famiglia, di cui siamo figli, qualche argomento in cui quindi la distanza fra noi non si facesse così grande da impedirci quasi di sentirci, l'un l'altro, tanto lontani i nostri pensieri.
Ma è possibile, dunque, questo dialogo giovane Italia - giovane Olanda?
A volte, sì.
Forse quando ci si confronta sui progetti per il futuro, che sono tanto personali quanto imperscrutabili, e lì quindi, non si azzarda a dire niente nessuno, siamo solo orecchie attente per chi ha voglia di raccontarsi. Forse quando si parla di film (ma solo recenti, per carità), e un pochino di viaggi, con questo popolo di viaggiatori folli. E di lavoro, e di tutto quello che ci ruota intorno, sicuro, che in fondo la mia esperienzia lavorativa è legata solo a questo Paese, quindi su quest'argomento partiamo dalle stesse basi.
Ecco, si può effettivamente parlare di questo, perché poi, più ci penso, più non non me ne viene in mente nessun altro, di questi argomenti, in cui parliamo noi, soltanto noi, senza la nostra Storia sulle spalle.
Di Cibo e Bevande non si può parlare: in quanto Italiano sei avvolto da un'aura di infallibilità e superiorità che impedisce totalmente una qualsiasi conversazione alla pari.
Letteratura, Storia, Storia dell'Arte, Religione, Politica e Linguistica sono invece ottimi argomenti di conversazione, ma solo con persone oltre i quarantacinque anni.
Interessante, deve essere successo qualcosa, al sistema educativo olandese e alla sua società in toto, fra quella generazione e quella successiva, perché le differenze sono incolmabili, e ce ne accorgiamo subito pure noi stranieri, che una sensibilità molto più latina e vicina alla nostra anima le vite degli oltrequarantacinquenni, mentre una mentalità più americana, per noi incocepibile e indecifrabile, ci allontana dai nostri coetanei.
Come mai, questa distanza? La scuola, la società, la Storia del Paese, la famiglia particolare e l'idea di Famiglia in generale, questi e sicuramente altri tasselli rendono Anna fondamentalmente diversa da una qualsiasi sua analoga olandese. Poi certo, c'è il singolo individuo e la singola volontà, ma qui non stiamo parlando di questo.
Stiamo parlando di due esponenti delle giovani élite culturali e sociali di due Paesi europei, che, posti davanti l'uno all'altro, senza ormai più barriere linguistiche, sono in ogni caso così tanto lontani per sensibilità e interessi, che il dialogo risulta non solo difficile, superficiale e vacuo, ma a volte sconfortante e triste, da parte mia, e probabilmente chissà in che modo altrettanto terribile da parte loro.
Io me ne accorgo perché a volte, quando parlo o chiedo consigli o pareri su di un libro o di un autore olandese, i miei coetanei semplicemente si alzano dal tavolo dove stiamo prendendo il caffè e vanno via, in silenzio, senza dire niente, come se non volessero neppure sentire il parere o il consiglio di chi, oltrequarantacinquenne, il libro l'ha letto, o magari anche no, ma ti sa consigliare qualcos'altro, o in ogni caso ha qualcosa da dire a riguardo, e reputa la Letteratura contemporanea del proprio Paese un valido argomento di conversazione.
Sarà un esempio sciocco, e limitato, come son io e come lo sono questi ultimi particolari emersi recentemente da cui tutto questo mio sproloquiare è scaturito, nell'ordine: 1. i giovani olandesi non sanno cosa sono i cachi (anche se al mercato, a anche al supermercato, vengono venduti normalissimamente in fianco alle mele e pere); 2. i giovani olandesi sanno a malapena cosa sia un bidet, e non credono all'esistenza di popoli che ne posseggono uno in ogni bagno; 3. i giovani olandesi, da piccoli, non guardavano i tragici, tristi e violenti cartoni animati giapponesi, che tutti ci hanno iniziato alla malinconia, all'eroismo e alle scene lente, forse anche alla noia; 4. i giovani olandesi non sanno cosa è successo nel Sessantotto, e si chiedono perché sia un anno degno di nota; 5. i giovani olandesi pensano che "pesto" sia un singolo ingrediente e che si possa scrivere sulle etichette.
Tutti indizi di un baratro incolmabile, ne converrete. Una mancanza di curiosità disarmante.
Ma all'improvviso, un pensiero: chissà poi come lo vede, il mio coetaneo olandese, questo baratro tra di noi. Chissà se lo vede. E cosa ne pensa. Non gliel'ho mai chiesto, di cosa vorrebbe parlare lui, in effetti, se non di Letteratura né di Van Gogh, ci sarà pure qualcosa che gli sta a cuore, di cui si interessa e sul quale vorrebbe confrontarsi con l'Altro.
Non gliel'ho mai chiesto, ed è molto stupido, sicuramente in linea con la, o frutto della, mia italianità.
Ad essere sinceri, ne ho parlato solo con gli oltrequarantacinquenni, e questo, come ho detto prima, chiaramente, non vale.
Allora ecco, un giorno, quando avrò raccolto i pensieri, domanderò loro del baratro, e sentiremo cos'hanno da dire.
Forse, per capirli, dovrò cambiare i miei metri di giudizio, i miei strumenti di valutazione del baratro, dovrò mettere in discussione la mia certezza calssica, latina, e un poco veneziana.
Dovrò ascoltare loro, creature de-bidetizzate, de-cachizzate, sarà terribilmente difficile!
La gloria di un'espatriata, però, passa anche di qui.
E se riuscirò a carpirlo, e a tradurlo, ve lo farò sapere, cosa vedono gli altri, quando si voltano e guardano me, noi, cosa si vede, insomma, dall'altra parte di questo buio baratro europeo che a volte, dopo quattro anni, ancora ci fa inciampare.
27 gennaio 2014
Microrecensione #70: "Mi piace il bar" di A. G. Pinketts.
26/01/2014 - 27/01/2014 "Mi piace il bar" di A. G. Pinketts. Se conoscete il personaggio, e avete voglia di sentirlo sproloquiare sul suo rapporto con il bar quale istituzione, con alcuni bar in particolare, con l'alcool, con i vari personaggi nei bar incontrati, e con l'Italia dei bar etc etc, questo breve monologo si farà leggere, quasi una chiacchiera da bar, appunto, in cui in mezzo a tanto, si trova pure qualcosa di davvero interessante. Un vago sentore di libro scritto in fretta, senza la (apprezzata, da parte mia, ma poi son gusti) solita cura maniacale per lo stile, un copia incolla da vecchi pezzi riuscito sì, ma si poteva fare meglio.
Che poi alla fine mi son chiesta, chissà se a Pinketts piacerebbe farla, una tappa, qui al Bar Itti...
26 gennaio 2014
Microrecensione #69: "Penelope" di S. La Spina
21/01/2014 - 25/01/2014 "Penelope" di S. La Spina. Una storia a cui sono affezionata, questa volta raccontata dagli occhi di una delle protagoniste.
Devo ammettere che da parte mia un po' di rifiuto c'è stato, per aver voluto abbassare alla tragicità umana degli avvenimenti una storia che invece è mito, leggenda, favola e sogno, e che quindi niente ha a che fare con le nostre miserie quotidiane.
Il racconto però è un monologo coinvolgente, carnale, sofferente, femminile, e ben scritto.
Avevo bisogno di una storia semplice, raccontata con minuzia, e questo libro ha fatto al caso mio.
Se non siete troppo affezionati a Ulisse, lo leggerete di corsa, altrimenti, lo stesso, ma ne uscirete un po' acciaccati.
Devo ammettere che da parte mia un po' di rifiuto c'è stato, per aver voluto abbassare alla tragicità umana degli avvenimenti una storia che invece è mito, leggenda, favola e sogno, e che quindi niente ha a che fare con le nostre miserie quotidiane.
Il racconto però è un monologo coinvolgente, carnale, sofferente, femminile, e ben scritto.
Avevo bisogno di una storia semplice, raccontata con minuzia, e questo libro ha fatto al caso mio.
Se non siete troppo affezionati a Ulisse, lo leggerete di corsa, altrimenti, lo stesso, ma ne uscirete un po' acciaccati.
21 gennaio 2014
Microrecensione #68: "La fattoria dei malfattori" di A. Paasilinna.
11/01/2014 - 20/01/2014 "La fattoria dei malfattori" di A. Paasilinna. Affascinante riflessione sul tema della giustizia, dai giustizieri ai giustiziati, condita, in classico stile Paasilinniano, con esilaranti quanto plausibili (o no, che importa) avventure, amori, spie, Harley-Davidson e battute di caccia alla renna. Non potrete smettere né di leggere, né di ridere, né di pensare.
Né di volerle visitare, un giorno, queste benedette foreste e torbiere finlandesi.
Magari quando l'Isola si sposta di quella decina di gradi di latitudine più a Sud.
15 gennaio 2014
Microrecensione #67: "La scopa del sistema" di D. Foster Wallace
17/11/2013 - 30/12/2013 "La scopa del sistema" di D. Foster Wallace. Coinvolgente, divertente, assurdo, reale e crudo. Se avete voglia di un'atmosfera, di personaggi e situazioni, insomma, non proprio di una storia, ma di molte, allora lasciatevi raccontare queste. Se cercate una trama, un inizio e una fine, delle risposte, consiglio di leggere altrove, ma perché limitarsi alla vecchia logica, quando si può leggere l'impossibile?
13 gennaio 2014
Minuscoli drammi quotidiani/16: La spiaggia che non c'è.
Il minuscolo dramma si compie veloce, in un colpo d'occhio, quando da un mese (e due tempeste) manchi dalla spiaggia, approfitti di una splendida domenica di Gennaio per andartene un po' a zonzo in bicicletta per l'Isola, passi laghi luccicanti come questo:
Laghi, sulla via della spiaggia. |
Mare del Nord. |
Me medesima, a misura del baratro. Ombra e fotocredits: Subirotamic. |
Ancora davanti al baratro, scruto la strada, lassù. |
Qui sull'Isola, ci mancate molto.
Ci tenevamo a farvelo sapere.
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11 gennaio 2014
L'Undici Gennaio
Del Natale ormai non rimangono
che l'ultima colazione
al Pandoro
e schegge
appiccicose
di dolce mandorlato,
a imbiancar
quel che la neve
quest'anno
ha lasciato,
fin ora,
Autunno.
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