Buio pesto, buio nero, buio spesso. Sono immobile perché non so dove andare, non so cosa ci sia intorno, ho perso la prospettiva, la profondità, la stanza in cui ero, buio.
Aspettiamo che i nostri occhi si abituino un poco, a questo nero, ma questo nero non cambia, è un muro pesante sulle palpebre che non sappiamo più se son aperte, se son chiuse, se stiamo guardando dentro o fuori.
Poi, pian piano, ci concentriamo su dove ricordiamo di dover prestare attenzione, una direzione, che è una cosa tipo a ore due, e una distanza, che sarà, sì, un metro dal nostro corpo invisibile, nero come il resto.
Dopo pochi minuti, inizia un bagliore.
Un dimenarsi di minuscole luci, caotico, incostante, è quasi come guardare un cielo terso, la notte, tra i monti. Troppe stelle per contarle, danzano e noi possiamo solo stare a guardare.
O no, in questo caso è diverso: possiamo dare un colpetto, a quel parallelepipedo nero su sfondo nero che sappiamo dover osservare. E' una vasca d'acqua, raccolta nel Waddenzee, qui fuori intorno all'Isola. E' piena d'acqua, sì, ma anche di
piccolissime alghe che emettono luce, una tenue scarica di fotoni, che possiamo eccitare disturbando la quiete della vasca. Si illuminano i bordi, ne esce un parallelepipedo contornato di luce, un lampo, poi il diturbo svanisce, viaggia un po' con le onde, eccita onde di luce, poi si dissipa, e ritorna un bagliore diffuso e caotico, stelle acquatiche disordinate, in cui è difficile riconoscere uno zodiaco.
Proviamo differenti modi di disturbare le lucine, con magneti, con altoparlanti, con scosse regolari o con colpi secchi.
Le luci rispondono, a volte di più, a volte di meno, a volte si riconosce il disegno di un'onda, a volte si riconosce la risposta ordinata della vasca, dettata dalla sua forma regolare.
E' una danza di luci leggere, eteree: è difficile pensare che sono in ufficio, al lavoro, a guardare questa merviglia, a vedere di capire come accenderle, queste alghette, che ancora non è proprio chiarissimo a cosa rispondano e perché.
Fotografarle al volo non si può, troppo tenue il bagliore per le macchine fotografiche, solo l'occhio umano è così sensibile da apprezzare la manciata di fotoni emessa.
E così rimaniamo in silenzio, nel buio pesante del laboratorio, ad osservare questa coreografia di luci, questa minuscola galassia sottomarina.
Anche questo è lavorare, a quanto pare, e io non posso fare altro che esserne onorata.