18 febbraio 2020

Microrecensione #166: "Se niente importa" di J. S. Foer

08/01/2020 - 26/01/2020 "Se niente importa" di J. S. Foer. 
Non ho letto questo libro per convincermi che essere vegetariani sia la scelta giusta, sotto tutti i punti di vista, etici, morali, ambientali, umani, tutti. Già lo so, lo sono stata 10 anni della mia vita.
Ho ricominciato a mangiare carne per diversi motivi, forse legati alla pigrizia più di quanto voglia ammettere, ma anche perché il mio corpo, più o meno 5 anni fa, ha smesso di essere solo "mio", ed è diventato un corpo di mamma, un corpo a disposizione, in cui crescere, da cui nutrirsi, in cui ripararsi. Così ho ricominciato a mangiare carne, poca, pensando che non potevo imporre questa scelta a nessuno, e forse anche per praticità, attorno a una tavola che non era più soltanto mia, né condivisa soltanto con "adulti consenzienti".
Ma è da un po' che il bisogno di fare la cosa giusta, di fare le cose per bene, anche le più quotidiane e scontate, sta tornando spesso nei miei pensieri. Forse semplicemente perché sto uscendo dal periodo del post parto, e rientrando in una dimensione più mia, in cui anche le mie scelte e le mie azioni contano, a prescindere da cosa ne pensi l'ultima arrivata in famiglia.  
E con il bisogno di fare la cosa giusta, anche quello di mettere sulla tavola, anche e soprattutto davanti ai miei bimbi, le mie ragioni per crederla tale. 
Ed è per questo che ho preso questo libro dallo scaffale, dove stava da un po', per continuare questa mia riflessione e vedere se portava da qualche parte: non per farmi scioccare da racconti cruenti (ma se non avete mai riflettuto sulla carne che mangiate, tenetevi forte), ma per riprendere le fila di una cosa che ho la sensazione di aver interrotto.
Il libro non mi delusa, anzi, è ben scritto, e nonostante il tema la lettura è scorrevole e non didattica, a tratti addirittura piacevole. Quello che ho apprezzato maggiormente è che oltre a fornire molti dati, affronta il tema anche e dal punto di vista quotidiano, familiare se vogliamo, che a mio parere è l'unico modo sensato di affrontare un discorso sul cibo, riconoscendo che il valore culturale di un pasto condiviso è forse lo scoglio più grande per chi vuole fare una scelta che coinvolge ciò che si mangia.
L'autore racconta il suo percorso e ha spronato me a ricominciare a pensare al mio, che sarà per forza di cose diverso da quello intrapreso dalla me stessa di 15 anni fa.
E la prima conclusione a cui sono arrivata è che andrà bene lo stesso, perché non c'è una sola risposta possibile. Perché tutto è cambiato, e ora, per arrivare alla stessa coerenza, devo fare tutto un altro giro.
Bello. Forse una delle rare volte in cui me ne rendo veramente conto.

12 febbraio 2020

Minuscoli drammi/60: La Carbonara

Premessa: a mio figlio T. non piacciono le uova. Non è un capriccio, è che proprio non gli sono mai piaciute, e continuano a non piacergli seppur periodicamente riproposte. Il che, con una mamma quasi vegetariana e un papà avverso ai latticini, è un minuscolo dramma culinario di per sé, ma oggi, amici, parliamo d'altro.

All'uscita dall'asilo, l'altro giorno, la maestra è impegnata nel resoconto della giornata del giovane T., completo di che cosa avesse mangiato e cosa no.
Traduco simultaneamente dal francese:
"... e poi ha mangiato tantissimi spaghetti alla carbonara"
"Davvero?"
"Davvero sì, tantissimi"
"Che bello! Ma mi fa strano, ma siamo sicuri fossero alla carbonara?"
"Sì sì alla carbonara, e che di gusto che li ha mangiati"
"Ma alla carbonara carbonara? Con l'uovo?"
"Uovo?"
"..."
"No, niente uovo, c'era la pancetta e la panna, alla carbonara, no?"
 
Ed ecco che i miei occhi devono aver trasmesso quel baratro che si crea nello stomaco dell'espatriato che no, non vuole essere scortese, né atteggiarsi a grande chef, né nient'altro, è solo che la carbonara con panna e pancetta, senza uovo, non si chiama carbonara, mi dispiace, al limite si chiama pasta con  panna e pancetta, e allora per questo non ci siamo capite, non son mica qui a giudicare nessuno, ognuno è libero, per carità, di mangiare la pasta come più gli aggrada, solo, la terminologia è importante, e mi ha confusa.
Così lei si è sentita in dovere di aggiungere "sì forse non è proprio la carbonara originale, come la fate voi in Italia, ma è buona".
E io mi sono fatta piccola piccola, dispiaciuta che la maestra si fosse sentita guardata dall'alto della cucina italiana in basso, ma io giuro non volevo, era solo per capire, perché il giorno che T. mangerà la carbonara (quella vera) farò i salti di gioia e allora, ecco, volevo solo essere sicura, prima di prendere lo slancio.