Senza esserne del tutto consapevole, faccio parte di questo fenomeno, come mi ha recentemente spiegato un mio caro amico: il fenomeno dell'emigrazione d'élite.
Non avere la valigia di cartone, non aver attraversato l'Oceano in terza classe, non essere affondati per via di un iceberg, tutti questi potevano già essere considerati preziosi indizi del fatto che la mia, di emigrazione, non seguiva pari pari quella dall'Italia di 60 anni, e più, fa.
Ma la mia durezza di comprendonio è proverbiale, e la sua fama mi precede in Galilea, e altrove.
Lo spago l'ho comprato al supermercato qui in Olanda, non l'ho srotolato dalla mia sacca.
E son arrivata qui con un lavoro, e una casa. Insomma, un'altra storia.
Forse, per un attimo, la solitudine di un'isola nordica, di una lingua che non capisco, di tradizioni non mie, mi hanno portato ad intuire, di striscio, la condizione di emigrato/immigrato, stati d'animo e stati paesi che si sovrappongono, come due sentimenti, di nostalgia e inadeguatezza, e fanno male.
Lontananza da casa e dalla famiglia, ma anche dal tuo nuovo vicino, che non capisci.
Fortunatamente, e giustamente, questo mio caro amico ha presto interrotto l'ardito paragone, in cui è così facile scivolare, soprattutto ora che le giornate si fanno più corte, e il vento più freddo.
Io, e insieme a me molti altri, non siamo altro che emigrati d'élite, è la prova è semplice, ed è lì, in cucina. Abbiamo la macchina per fare i waffel. Un complesso apparato elettrico, dispendioso e ingombrante, che è in grado di cucinare un'unica pietanza, per di più un dolce.
Come replicare?
E' così. Un'emigrazione d'élite, fatta di macchine-pressa per i waffeln, e padelle speciali per i poffertjes.
E di biglietti aereoferrotranvieri sempre in tasca, per passare due o tre giorni a casa, appena si può, ovunque essa sia.
Chissà se anche ai nostri nonni, che viaggiavano verso la loro america in cerca del loro futuro, mancava il sugo della mamma.
Speriamo almeno di trovarlo, quassù, questo nostro futuro. Del sugo, infatti, neanche l'ombra...
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