09 giugno 2011

Dell'eterno dualismo autoctono VS turista

Vivendo qui da ormai quasi due anni, mi sorprendo a volte in alcuni pensieri e comportamenti ai miei occhi degni di una picciola riflessione.
Come quando, per esempio, sento parlare italiano in traghetto, e mi precipito emozionatissima a seguire i malcapitati connazionali, salvo poi realizzare che, 1) non ho niente da dire, 2) le loro facce non mi ispirano simpatia neppure a queste latitudini, 3) l'ultima cosa che ho voglia di fare dopo otto ore di ufficio è raccontare per l'ennesima volta cosa ci faccio qui o se mi piace o meno viverci.
Per fortuna, a questo punto, non ho ancora aperto bocca; individuo allora la prima panchina al sole e sottovento, mi ci seggo, e mi autocompiaccio del mio autocontrollo.
Perfidamente poi, assaporo il momento in cui gli ignari attori di questo mio personale cortometraggio, perderanno il treno per la capitale, perché il bus dal traghetto arriva troppo tardi per fare il biglietto, o per una seppur minima (e accettabile e normale dal punto di vista del disgraziato turista) esitazione.
Infatti eccoli là, a sfilare con espressione smarrita al di là del mio finsetrino. Io dentro, loro fuori.
Credo di averlo non so come ereditato dai miei insigni natali veneziani, questo malevolo gusto nell'eterna contrapposizione dell'autoctono contro il turista.
Come sappiamo far perdere il viandante noi, tra calli e campielli, non lo sa fare nessuno.
Vero è che sappiamo anche scioglierli, quei nodi di strade che abbiamo intrecciato sulla mappa.
E con queste piccole cortesie, ci guadagniamo il sorriso dell'ignaro e sperduto turista.
Gran Signori sì, e con stile.

2 commenti:

  1. Oggi ero in stazione e ho sentito parlare 2 ragazze una lingua a me famigliare. Pensando di aiutarle mi sono rivolto loro in italiano, rispondendo alla domanda "questo treno va in centrale?" che queste hanno posto ad un generico altro turista (il quale non sapeva minimamente la risposta giusta). Le due non hanno capito cosa volessi dire, erano brasiliane, e han fatto la faccia da "e tu chi stracazzo sei?!?!" e nemmeno quando ho ripetuto in inglese hanno cambiato espressione.
    La prossima volta starò silenzioso, le vedro' salire sul treno per Hilversum e allontanarsi all'orizzonte mentre mi faccio i falli di mia proprietà. Promesso.
    Un po' fuori tema ma almeno capisci chi sono:
    http://www.venicebackstage.org/en/645/venice-backstage-come-funziona-venezia/

    P.S. = poter lasciare commenti anonimi è segno di civiltà ;-)

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  2. Tornata 3 ore fa da Mosca, dopo una settimana non da turista, ahime', ma da sperduta forestiera, sono grata a tutti gli sconosciuti autoctoni che non mi hanno lasciato smarrire tra stazioni, bus e marciapiedi, che mi hanno regalato kvas, spiccioli e sorrisi, che in una lingua incomprensibile non mi hanno fatto sentire estranea.
    Autoctoni, abbiate pieta' degli stranieri, turisti e non, per favore!

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