11 luglio 2011

Partenze (e permanenze).


Mezz'estate: c'è chi si sposa, chi invece, già sposato, lascia l'isola nordica per un'isola lontana lontana lontana come la Tasmania.
C'è chi poi, non sposato, lascia in ogni caso un'isola per un ignoto destino a tempo determinato, per scoprire se stesso, e il destino, in un paese nuovo di zecca come il Sud Sudan.
Insomma, grandi partenze per grandi inizi di avventure pratico emotive, e pur nel mio starmene quassù, in qualche modo sento per la prima volta che son io quella che gli altri salutano, e non viceversa.
Io, son quella che resta, dopotutto.
Non so se sia un bene o un male, per adesso quello che riesco a pensare è che è bello non sentirsi più in bilico.
Prima pensavo che aver lasciato casa e vita per ricucirne di nuova quassù mi avesse tolto quella tranquillità necessaria per capirmi e capire quel che avrei voluto fare, in questi anni.
Mi sbagliavo, ora lo so.
Restare non chiarisce le idee di per se stesso, nè lo fa partire.
E non sapete quanto mi ci è voluto per metter giù questa frase, e crederci.
Ora, con questa mia nuova prospettiva rivoluzionata, mi dispongo a farmi coinvolgere e trasportare da questa vita, in movimento sì, ma equilibrata di fresco, o meglio, equilibrata appena.
Come quando la sposa lancia il suo bouquet da una grande scalinata, e in quella parabola fiorita si nasconde un numero infinito di possibilità.
Ecco, io mi sento così, in volo, a non sapere ancora chi mi prenderà.
Ma è un andare comodo, oggi.
Sarà per questa nuvola di petali colorati che mi accarezza la pelle.




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