19 luglio 2012

Schifol e musica.

Me ne stavo a perder tempo a Schiphol, l'aeroporto di Amsterdam, altrimenti conosciuto come Schifol, anche se in realtà è proprio un bell'aeroporto, a dirla tutta, bisogna darne atto.
Me ne stavo, come dicevo, a girovagare ancora nella zona tra i treni e gli aerei, quando, all'improvviso, tra il chiacchierio generale dei posti affollati, sento nell'aria le prime note di una banda. Bello! Cerco di capire da dove viene quest'allegra musichina, e mentre ne inseguo il motivetto, vedo il sorriso comparire via via sulla faccia di tutte le persone, che iniziano ad accennare passi di danza sempre più espliciti.

Vecchi e bambini, coppie, famiglie, gruppi vacanze, stracarichi di valigie, si prendevano per mano e ballavano tra l'annuncio degli arrivi e il cartellone delle partenze, in un'atmosfera surreale, che però devo dire, ho apprezzato moltissimo.
Che strano modo di salutarmi, quest'Olanda, sull'Isola un diluvio universale, qui questa allegria diffusa e contagiosa.

Spinta da estremo apprezzamento per la mia patria temporanea, ho pensato quindi di celebrarne le gesta comprando un cartoccio di patate fritte e maionese - mi son regalata un pranzo tipico, diciamo - e godermi lo spettacolo dei musici insieme a quel pubblico improvvisato.

A suonare era una banda militare, in un angolo dello spiazzo centrale, vicino ai vetri che ci riparavano tutti dalla pioggia ancora fitta. Tutti sorridevano, tutti si muovevano a tempo, e tutto, per un attimo è sembrato possibile: finite le patatine, infatti, mi son allontanata sulle note di una "Kiss" di Prince, cantata con passione da un biondissimo e altissimo soldato, che, in divisa, gridava a quel microcosmo aeroportuale come le uniche cose al mondo di cui lui avesse bisogno fossero il tempo libero e baci della sua bella.
 
Niente bombe o pistole, solo baci.
A raccontarla così, quasi, non ci credo più neanche io.

11 luglio 2012

Savana stagionale

intorno alle 20.30, intorno alle  22.
C'è un po' di malinconia, sull'Isola. 
Con l'estate qualcuno parte, qualcuno arriva, qualcuno resta. In generale, qui, si migra. Non sempre però con l'eleganza di uno stormo numeroso, anzi, più spesso si migra da soli, con un passo un po' stanco, appesantito da troppi bagagli, verso non si sa bene cosa.

C'è chi questo lo chiama fuga dei cervelli, chi lo chiamo precariato internazionale, chi lo definisce una splendida esperienza di ricerca all'estero.

Io non lo so ancora, come chiamarlo, ma mi son resa conto che a volte, con tutta questa gente in giro, uno finisce per sentirsi un pochino a casa dovunque, in certi periodi, con certe persone, temporaneamente, ecco.

In questi giorni si spezza uno di questi momenti, così, dicevo, c'è un po' di malinconia, sull'Isola.

Cerco di non farla diventare troppa, però.
In fondo, è estate anche qui: tempo di prossime allegre partenze per me, tempo della tranquillità data da giornate lunghissime, da tramonti dorati, aranciati, rosati, tempo della mia savana satagionale, proprio qui, dietro casa.