Breve resoconto fotografico della mia annuale visita a Berlino (e al suo multiforme zoo).
Eccomi a passeggiare stupita tra la varia umanità berlinese.
Vengo dall'Isola, lasciatemi ammirare la grande città: chi nelle gabbie è rinchiuso contro la sua volontà, chi ci si rinchiude apposta, e chi, quatto quatto, dalle gabbie fugge spiegando ali meravigliose.
Vengo dall'Isola, lasciatemi ammirare la grande città: chi nelle gabbie è rinchiuso contro la sua volontà, chi ci si rinchiude apposta, e chi, quatto quatto, dalle gabbie fugge spiegando ali meravigliose.
Ho incontrato Lucio! Chi fosse, l'ho imparato nell'ultimo libro che ho letto, e da gran osservatore di genti, non poteva che trovarsi ora a Berlino, dove appunto, le genti passano e si fanno studiare.
Ecco l'acquario, gorgogliante di vita indaffarata, colorata, e diversificata.
Come ovvio, in una città come questa, non mancano gli hotel, pronti ad accogliere qualsiasi tipo di cliente, senza pregiudizi sul numero dei loro tatuaggi o sull'eventuale presenza di ali, penne, piume o proboscidi.
Una finestra dell'hotel Piep.
Un bizzarro e quantomai raro esemplare di gattoniglio enigmatico (o sgrammaticato, a scelta).
E infine, gli indiscussi re di tutti gli zoo del mondo: i panda (che però qui sono punk).
Insomma, l'impressione di questa Berlino è davvero quella di uno zoo, senza sottolinearne però particolarmente l'accezione negativa: senza sbarre e orari, un bestiario sorprendente di possibilità, impossibile da concepire non solo sull'Isola, ma anche in tutta l'Olanda.
E allora, nonostante (o per via de) le distanze chilometriche, la polvere unta della metropolitana, e le mostre di piastrelle a motivi di culi (sì, se non è chiaro, con decorazioni a forma di culi, culetti e tutte loro declinazioni, pare che vadano di modissima quest'anno, nelle migliori toilette), me lo son goduto, questo zoo, che poi, appunto, proprio zoo non è, magari, è più un'arca.