13 settembre 2011

Sorrisi

Appena ritornata nei ranghi di questa normalità settembrina, domenica che fu sono riuscita in ogni caso a fare una piacevole scoperta.
La vita di città, come è noto, comporta alcuni svantaggi rispetto alla più semplice, ma più comunitaria, vita sull'Isola. A volte l'isolamento (!) dettato dal cemento cittadino raggiunge livelli preoccupanti.
Ad esempio, la mia Famiglia di città, pur avendo salvato l'anziana vicina caduta dal letto, chiamando polizia e ambulanza alle prime luci dell'alba, non solo non ha ricevuto nessun ringraziamento dal parentado accorso, ma neppure una richiesta di informazioni su come si siano svolti i fatti.
Il muro fra i due appartamenti adiacenti sembra allora molto più spesso della semplice distanza che divide i salotti.
Stessa distanza che, dall'altra parte, separa la Famiglia da una coppia di neogenitori, che ha risposto a un allegro messaggio d'auguri per il nuovissimo pargolo con un biglietto listato praticamente a lutto, viola e nero, impreziosito da un primo piano in bianco e nero del neonato. Bello.
Ma che sorridano mai, in città?
Ebbene, signori, ne ho le prove: sorridono, anche agli sconosciuti.
Basta far passare un giorno intero di pioggia torrenziale, condito con raffiche di vento polare e nuvole di foglie ingiallite dall'autunno.
A questo punto, quando il cielo non ha più lacrime per piangere, voi uscite sul marciapiede, in pigiama, alle sette di sera, come un funghetto boschivo, a fotografare l'arcobaleno che finisce giusto nella casa di fronte alla vostra.
Pensate alla pentola e agli zecchini, e intanto tutti i passanti spuntati rapidamente dai loro ripari seguono il vostro obiettivo fino a notarlo anche loro, questo scroscio di colori sulle loro teste.
E sorridono. Tutti. Guardano te, la macchina fotografica, poi l'arcobaleno, e quindi di nuovo te, come a ringraziarti , sorridendo, della rivelazione.
Ho raccolto parecchi sorrisi, alla fine, o all'inizio, di questo arcobaleno domenicale.
Son soddisfazioni, in città.

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