07 ottobre 2015

Ik ben niet een echte Texelaar*

Un po' di anni fa, sul giornale dell'Isola, al primo di Aprile, comparve un interessante trafiletto.
Poche righe, ma d'effetto.

Uno dei più grandi problemi dell'isolano, allora come oggi, pare infatti sia il suo luogo di nascita.
Il punto è, che se non sei nato sull'Isola, non sarai mai e poi mai considerato un isolano a tutti gli effetti. Con l'onta e il disprezzo che ne conseguono.
Va bene che ci vivi, sull'Isola, che ci soffri tutti gli inverni da quando sei neonato, che ti tuffi nelle acque gelide del Mare del Nord tutte le sante estati, ostentando benessere nonostante i 5 gradi al Sole, va bene che ne conosci tutte le fattorie, se non addirittura tutte le pecore, una ad una, che ne fiuti i cambi di vento con giorni di anticipo, ma se non ci sei nato, se tua madre non ti ha partorito al di qua del Marsdiep, niente: non sei e non sarai mai un "echte Texelaar" (vero e proprio abitante di Texel).
E visto che sull'Isola non ci sono ospedali o cliniche, basta che la madre, per un motivo o per l'altro, preferisca andare in ospedale in terraferma piuttosto che tentare la sorte in casa, come è usanza e ben visto qui, che il gioco è fatto, e il passaporto diventa per te una condanna perpetua all'inferiorità.

Si fatica a crederlo, ma anche l'altra sera, al pub, chiacchieravo con un ragazzo di qui, sui trent'anni, figlio di gente di qui, che vive qui, etc etc, e gli chiedo: sei di Texel? E lui, con gli occhi bassi: ma, veramente sono nato a Den Helder..seguito da un silenzio imbarazzato, quasi in cerca di una degna giustificazione.
Io allibisco, e procedo con la mia birra analcolica, nascondendo al mio interlocutore  il mio crudele piano di condannare il viaggiatore in arrivo alla stessa, deprecabile sorte.

Ma arriviamo al primo Aprile di una manciata di anni fa, dove sul giornale locale compare l'esaltante notizia che sì, finalmente il Comune di Texel è riuscito a conquistare alcuni metri quadri sulla terraferma, e per di più corrispondenti ad alcune stanze dell'ospedale di Den Helder, nel reparto maternità.
Udite udite, le pavide madri che durante il travaglio si fossero prese la briga di salire sul ferry per poi andare a partorire tra gli agi in ospedale anziché tra le amate pecore, avrebbero potuto in ogni caso assicurare un futuro radioso ai figlioletti, scrivendo sul passaporto, come luogo di nascita, orgogliosamente, Texel.
Ma non solo, questi metri quadrati in terraferma avevano pure valore retroattivo, quindi tutti i solerti genitori di bimbi di età inferiore a due anni avrebbero potuto, recandosi prontamente al comune (di Texel), cambiare il luogo ufficiale di nascita del piccolo erede, dall'abominevole Den Helder, alla gloriosa Texel.

Buffo no?
Non si sono divertite  molto però le numerose coppie, con pupetti al seguito, che in data due Aprile si sono presentate alle porte del comune a reclamare, ahimè invano, il cambio di luogo di nascita sul passaporto.
E quando dico numerose, intendo numerose, non una o due.

Con questo si conclude l'aneddoto isolano, ma non la frustrazione di tutti quelli che sul loro passaporto hanno scritto Den Helder, e non Texel.
Da buona Veneziana, un po' li capisco, sarebbe come vedere scritto Mestre sul passaporto, sarebbe dura. Quasi quasi, meglio Den Helder.


* traduzione: Io non sono una vera e propria abitante di Texel

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