Per chi ha pezzi di famiglia sparsi in giro per l'Europa, non è facile avere del tempo per sé. C'è un piccolo da accudire, e il famoso villaggio che dovrebbe crescere il bambino è lontano un viaggio intero. Vivere in Svizzera e essere disoccupate, se per caso ve lo state chiedendo, non aiuta a sentirsi particolarmente motivate ad assumere una baby sitter, sia anche per poche ore. Ne consegue che quando capita di passare un po' di tempo dall'altra parte di quel viaggio, le possibilità aperte da alcune ore di libertà spalancate dalla presenza dei nonni sono a dir poco vertiginose.
Così ne ho approfittato, e ho preso la mia mezza giornata.
Di silenzio, di profondità, e per me.
Sono stata a 10 m di profondità, distesa su una delle piattaforme della piscina più profonda del mondo, dopo aver scoperto che si trova a pochi chilometri da Venezia.
Insieme al mio istruttore, G., ho passato due ore ad andare a fondo, io, il mio costume, la maschera e le pinne. E basta.
L'acqua termale rende la muta superflua.
L'aria che non c'è rende la maggior parte dei movimenti superflui.
Anche i pensieri, non c'è aria per loro.
C'è solo per scendere.
Starsene sul fondo di un mare artificiale, ma schiacciata da una pressione reale che mi tiene insieme.
Ascoltare fuori, ascoltare dentro.
Bello.
Poi c'è la confusione italiana del treno per tornare a Venezia, e T. con le sue prime chiacchiere, e i nonni con le chiacchiere accumulate per via di questi viaggi che ci separano.
Anche questo, bello.
È come respirare a pieni polmoni.
A volte, però, è bello anche trattenere il fiato.
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