Mai, mai, mai affezionarsi alle cose materiali, dice il saggio.
Una lezione che non mi è riuscita di imparare neppure questa volta, quando tutto sembrava perduto, soprattutto il mio cappello preferito.
Io, lo ammetto, posseggo svariati cappelli, ma insomma, vivendo qui al Nord li indosso da Settembre a Maggio e quindi, un pochino, me li merito pure: c'è quello regalatomi per il compleanno da un'amica, quello che era un travestimento da serpente, ed ora è solo il mio cappello verde; c'è quello fatto a ferri dalla mamma di un'altra amica, quello cucito e progettato da un'altra mamma di un'altra amica ancora.
Due provengono in qualche modo da mio fratello, uno è di mio papà, ed un altro, beh, un altro è semplicemente mio da sempre.
Uno è un po' cappello, e un po' sciarpa e poi c'è lui.
Soffice soffice, ma così fitto da lasciare fuori anche il vento dell'Isola: è tessuto al telaio su di un'isola differente, lontana, un'isola d'alta quota appoggiata nel lago Titicaca.
Ecco lui, al quale mai e poi mai ci si sarebbe dovuti affezionare, di punto in bianco, s'è perduto.
Stavo quasi per riconoscere la mia debolezza e abbandonarmi alla disperazione quando l'Ufficio Oggetti Smarriti del ferry mi ha rivelato, su di un asettico tavolo, quel grumetto di lana marrone, che solo io potevo salutare con un sorriso così grande.
Giubilo, gaudio!
Morale: cappello ritrovato, lezione non imparata, presa di coscienza superifciale del fatto che davvero non bisognerebbe mai, mai e poi mai affezionarsi a una cosa come un cappello.
Mai.
Mai sempre.
Mi e` successo lo stesso con la fedele cuffia dell'ANU, reperto australiano che avevo creduto perso per sempre e poi m'e` stato restituito dal fato.
RispondiEliminaMittttico fato.
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