Giusto due righe per testare la vita a internet limitato a bordo della
Pelagia. Domenica, nonostante la festa comandata, si parte per
l'Oceano, e un po' non vedo l'ora, per vedere se gli strumenti che
abbiamo lasciato lì lo scorso anno hanno misurato qualcosa, e un po'
vorrei essere già tornata, per evitare tutte quelle piccole cose che
possono andare storte a bordo di una nave da ricerca: dagli strumenti
che non hanno funzionato, o non funzionano, batterie scariche,
connessioni incerte, dal cibo che a volte è semplicemente sbagliato,
dalle onde troppo alte, al vento troppo fino, dagli scricchiolii in
cabina che non ti fanno dormire, alle persone intorno a te che dopo un
po' di giorni sono un po' troppo intorno a te.
Ma poi so che ci sarà il mare, e che in ogni caso ci saranno nuvole e
tramonti, e balene, forse, e meduse eleganti.
E delfini, con i loro cuccioli liberi.
E allora va bene, partiamo, con la valigia leggera e il computer
pesante, pieno di programmi per leggere i segreti del mare.
Partiamo, per un'isola sperduta delle Azzorre dalla quale salpare, e
teniamo la mappa a portata di mano, che dopo un girovoagare oceanico
torneremo a terra in un'altra, più piccola, più sperduta, dalla quale
voleremo a casa.
Ci sarà tanto da fare, una volta a casa, ma adesso è tempo di mare:
cominciamo ad abituarci all'onda lunga oceanica, all'odore di metallo
e motori, al silenzio che c'è fuori dalla civiltà, alle connessioni
satellitari, agli orari scanditi, e alle stellate che fanno venire la
pelle d'oca, da quanti luci si possono contare, e, di nuovo, che non è
mai abbastanza, all'onda, lunga, oceanica ...
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