Basta con questa malinconia fatta di luminarie accese,
Unta di pastine e torroni, grigia come la neve che
Ormai si scioglie, e ritorna pantano.
Non devo più, più più più, lo so, farmi intristire dal
Natale, ma è più forte di me. Ci piango ogni
Anno, esorcizzo, perché spero ancora che poi, l'anno dopo
Tutto sarà migliore.
Anche quest'anno, penso invece, ci piangerò.
Lasciate che sia, regalatevi anche voi delle lacrime,
E che vi facciano bene!
Partecipare davvero a tutto quello che ci circonda, sarà il mio augurio a me stessa, e a tutti.
Indignamoci, meravigliamoci, ridiamone, piangiamone o gioiamone, ma non distraiamoci da tutte le piccole e grandi cose che faranno il nostro Natale, e l'intero nostro 2011.
Perchè sì, è nostro, e di nessun altro.
23 dicembre 2010
30 novembre 2010
Un sonetto per Aidelbergo
Mille chilometri di lì e ritorno
ma per noi questi non sono abbastanza
per una birra ed un pretzel al forno
veder vecchi amici e goder della danzama per noi questi non sono abbastanza
per una birra ed un pretzel al forno
un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
di Belgio in Olanda, sì, Aidelbergo cara,
magari un nuovo loco proponendo,
di orrendo gusto ancor vedrai la gara
balli scatenati e pianti e risa
saran di nuovo al fin i benvenuti
e Las vestito, evvai, in cotal guisa
aspergerà sudore sui canuti
e su chi una chioma indossa come assisa.
non resta che contare in drè i minuti...
Coincidenze parigine
"L'autobus effettuerà fermate nelle stazioni di: Denfert-Rochereau, dove troverete delle coincidenze ..."
Coincidenze? Yuppi!
Amo le coincidenze, i rimandi, le cose che ricordano cose e richiamano fatti e persone e altre cose che profumano come altri giorni, altre canzoni, altri paesaggi.
E cosa poi mi può capitare a Parigi?
Chi mai posso incontrare? Cosa assaggerò? In quale Monet mi perderò per ritrovarmi, che coincidenza!, a pensare a un Van Gogh? Ninfee e campi di grano? Coincidenze fatte di Crêpe, di Nutella, o di acciaio, come la Torre Eiffel, o di luci, come quelle del Natale che è sempre più vicino?
Una coincidenza...come quando trovi un amico per la strada, che non vedevi da tempo, è c'è tempo per una chiacchierata, per un caffè, per una partita ad Agricola...oppure come quando passi ore in coda fuori da un ristorante e poi alla fine, quando sei giusto lì lì dal rinunciare, si libera un tavolo per te...oppure...una coincidenza come quando giri l'angolo, ed ecco, c'è quello scorcio di Parigi che cercavi...e tu proprio non te l'aspettavi.
Deliziose coincidenze, mmm, non vedo l'ora.
Ma sarà questa, la fermata a cui scendere?
05 novembre 2010
Enjoying climate change...
Lucertolanna sul prato si gode il cambiamento. Roccia cOrsica a incorniciare questo mare azzurro, che si rompe nel verde. Posso immaginare, a casa, le mie pecore pazienti accogliere un inverno che arriva, o forse è già arrivato, un vento ormai troppo freddo, affrontabile solo da un divano.
Posso immaginarle proprio.
Qui no.
Lucertolanna si gode una certa dose di Sole che le mancava.
Fioriscono lentiggini.
Che ben.
Posso immaginarle proprio.
Qui no.
Lucertolanna si gode una certa dose di Sole che le mancava.
Fioriscono lentiggini.
Che ben.
03 novembre 2010
Mqrsigliq e S.Giusto
Mqrsigliq, vistq dq unq tqstierq francese, suonq così.
Con la q al posto della a, chissà perché.
Marsiglia, ove a detta di tutti "non piove quasi mai", mi accoglie con quel quasi realizzato: secchi d'acqua dal cielo per due giorni.
Le colline intorno, impreparate alla pioggia, custodiscono sui loro fianchi i filari dei vigneti, e riversano sull'unica strada fiumi d'acqua rossastra. Sulla strada, e sulle mie scarpe, ad essere precisi.
Ma va bene così, avere amici in ogni porto significa, come ho più volte sperimentato, passare pomeriggi a giocare a carte, al riparo da eventi atmosferici ostili, pioggia, o neve che siano.
Godersi gli amici, insomma, più che il porto.
E così Marsiglia si meriterà di certo un'altra visita; salirò tutti quei suoi gradini per arrivare di nuovo a Notre Dame de la Garde.
Guarderò il mare da lassù e penserò ancora una volta che assomiglia proprio ad una grande S.Giusto. Con le sue panchine per gli innamorati, abbracciati stretti a guardare il blu, che da lì riescono ancora, a volte, a iniziare qualcosa di meraviglioso.
Dite che potrà mai il sapone di questa Marsiglia lavarmi via questo stucchevole, ma inevitabile, romanticismo novembrino?
Vedo un bel sole, ora, fuori dalla finestra. I panni lavati e appesi dovrebbero asciugarsi in un attimo, e profumare di cose nuove.
Con la q al posto della a, chissà perché.
Marsiglia, ove a detta di tutti "non piove quasi mai", mi accoglie con quel quasi realizzato: secchi d'acqua dal cielo per due giorni.
Le colline intorno, impreparate alla pioggia, custodiscono sui loro fianchi i filari dei vigneti, e riversano sull'unica strada fiumi d'acqua rossastra. Sulla strada, e sulle mie scarpe, ad essere precisi.
Ma va bene così, avere amici in ogni porto significa, come ho più volte sperimentato, passare pomeriggi a giocare a carte, al riparo da eventi atmosferici ostili, pioggia, o neve che siano.
Godersi gli amici, insomma, più che il porto.
E così Marsiglia si meriterà di certo un'altra visita; salirò tutti quei suoi gradini per arrivare di nuovo a Notre Dame de la Garde.
Guarderò il mare da lassù e penserò ancora una volta che assomiglia proprio ad una grande S.Giusto. Con le sue panchine per gli innamorati, abbracciati stretti a guardare il blu, che da lì riescono ancora, a volte, a iniziare qualcosa di meraviglioso.
Dite che potrà mai il sapone di questa Marsiglia lavarmi via questo stucchevole, ma inevitabile, romanticismo novembrino?
Vedo un bel sole, ora, fuori dalla finestra. I panni lavati e appesi dovrebbero asciugarsi in un attimo, e profumare di cose nuove.
10 ottobre 2010
Lunch bag!
Un sabato, nell'isolano Istituto, si lavorava per l'Open day.
Gente veniva e andava, e noi si cercava di spiegare a tutti perchè era cosa buona e giusta continuare a pagare le tasse grazie al quale l'Istituto funziona.
Una cosa ragionevole, dopotutto.
A mezzogiorno in punto, invece di andare come al solito in mensa per il pranzo, il pranzo è venuto a noi, sparpagliati per i corridoi dell'edificio, con i nostri esperimenti da illustrare, i nostri poster di fumo da vendere.
Il pranzo se n'è arrivato sotto forma di un ricco sacchetto di carta, pieno di panini, dolcetti, frutta e bibite.
Il pranzo se n'è arrivato grazie al mio direttore, che me l'ha consegnato personalmente, con un sorriso, dicendomi: Ehi, Anna, vegetariana, vero?
E così ha fatto, con tutti i suoi dipendenti.
Ci sono cose che accadono, quassù, ci sono attenzioni, che riscaldano il cuore, a dispetto di qualsiasi latitudine.
Gente veniva e andava, e noi si cercava di spiegare a tutti perchè era cosa buona e giusta continuare a pagare le tasse grazie al quale l'Istituto funziona.
Una cosa ragionevole, dopotutto.
A mezzogiorno in punto, invece di andare come al solito in mensa per il pranzo, il pranzo è venuto a noi, sparpagliati per i corridoi dell'edificio, con i nostri esperimenti da illustrare, i nostri poster di fumo da vendere.
Il pranzo se n'è arrivato sotto forma di un ricco sacchetto di carta, pieno di panini, dolcetti, frutta e bibite.
Il pranzo se n'è arrivato grazie al mio direttore, che me l'ha consegnato personalmente, con un sorriso, dicendomi: Ehi, Anna, vegetariana, vero?
E così ha fatto, con tutti i suoi dipendenti.
Ci sono cose che accadono, quassù, ci sono attenzioni, che riscaldano il cuore, a dispetto di qualsiasi latitudine.
07 ottobre 2010
La Felicità ultima (e quelle prima).
Uno fra i numerosi giornali dell'Isola pone ogni settimana dieci domande (Tien Vragen) ad un illustre sconosciuto isolano. Le domande di norma riguardano cheffà, dovesta, perchéqua, perchélà, ma poi quasi sempre, alla fine, c'è n'è una difficilissima: qual è per te, o caro autoctono, la felicità più grande?
Così.
Il giornale te lo chiede e tu sei lì, che devi rispondere.
E se capitasse a me? Ohmamma.
Che rispondo?
Nell'ultimo sondaggio a cui ho (parzialmente) partecipato, chiedevano quali fossero le cinque ragioni per continuare a vivere.
Il mio contributo si è basato principalmente sul fatto che ancora nessuno è proprio proprio sicuro che la Luna non sia di formaggio, e per questo valga la pena essere pronti (e vivi) per poter festeggiare nel caso quest'ipotesi venga rivoluzionariamente confermata.
A pensarci bene, però, non credo di poter elencare quest'eventualità nella mia top five delle felicità.
Beh, allora, proviamoci...
1. quando sono la persona giusta nel posto giusto.
2. quando il Mondo mi sorprende con un'esperienza inattesa.
3. quando ho in tasca un biglietto per partire, e uno per tornare.
4. quando qualcuno mi fa ridere di gusto.
e la felicità ultima? la numero cinque?
5. quando Subirotamic fa la pizza e gli viene bene, ed è buonissima anche senza formaggio.
Così.
Il giornale te lo chiede e tu sei lì, che devi rispondere.
E se capitasse a me? Ohmamma.
Che rispondo?
Nell'ultimo sondaggio a cui ho (parzialmente) partecipato, chiedevano quali fossero le cinque ragioni per continuare a vivere.
Il mio contributo si è basato principalmente sul fatto che ancora nessuno è proprio proprio sicuro che la Luna non sia di formaggio, e per questo valga la pena essere pronti (e vivi) per poter festeggiare nel caso quest'ipotesi venga rivoluzionariamente confermata.
A pensarci bene, però, non credo di poter elencare quest'eventualità nella mia top five delle felicità.
Beh, allora, proviamoci...
1. quando sono la persona giusta nel posto giusto.
2. quando il Mondo mi sorprende con un'esperienza inattesa.
3. quando ho in tasca un biglietto per partire, e uno per tornare.
4. quando qualcuno mi fa ridere di gusto.
e la felicità ultima? la numero cinque?
5. quando Subirotamic fa la pizza e gli viene bene, ed è buonissima anche senza formaggio.
07 settembre 2010
"Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria"
Giorni fa ho lasciato l'Isola, per fare un po' di chilometri insieme alla mia Casa.
Attualmente, infatti, Casa è una barca a vela disalberata nel cuore della Francia, che per via fluviale sta cercando di raggiungere l'Isola, in barba ai monti che ci son di mezzo.
Bizzarrie che accadono.
Un andare lento e misurato, interrotto solo dai vortici e dislivelli delle chiuse. Chiuse chiuse, poi aperte, e poi chiuse di nuovo, per vincere, chiusa dopo chiusa, quella gravità che ti è contro.
Ed è così che si scopre che la modernissima strumentazione di bordo ha una pecca: non dà l'altitudine. Non è semplicemente previsto che una barca come quella valichi colline e pendii per arrivare a un mare altrove, che non è il suo.
Come detto, però, le bizzarrie accadono. Eccome.
E allora la navigazione di fiume, per questo verso, è navigazione controcorrente. Più che una meta, una direzione, ostinata e contraria.
www.sy-polaris.it
04 settembre 2010
Emigrazione d'élite
Senza esserne del tutto consapevole, faccio parte di questo fenomeno, come mi ha recentemente spiegato un mio caro amico: il fenomeno dell'emigrazione d'élite.
Non avere la valigia di cartone, non aver attraversato l'Oceano in terza classe, non essere affondati per via di un iceberg, tutti questi potevano già essere considerati preziosi indizi del fatto che la mia, di emigrazione, non seguiva pari pari quella dall'Italia di 60 anni, e più, fa.
Ma la mia durezza di comprendonio è proverbiale, e la sua fama mi precede in Galilea, e altrove.
Lo spago l'ho comprato al supermercato qui in Olanda, non l'ho srotolato dalla mia sacca.
E son arrivata qui con un lavoro, e una casa. Insomma, un'altra storia.
Forse, per un attimo, la solitudine di un'isola nordica, di una lingua che non capisco, di tradizioni non mie, mi hanno portato ad intuire, di striscio, la condizione di emigrato/immigrato, stati d'animo e stati paesi che si sovrappongono, come due sentimenti, di nostalgia e inadeguatezza, e fanno male.
Lontananza da casa e dalla famiglia, ma anche dal tuo nuovo vicino, che non capisci.
Fortunatamente, e giustamente, questo mio caro amico ha presto interrotto l'ardito paragone, in cui è così facile scivolare, soprattutto ora che le giornate si fanno più corte, e il vento più freddo.
Io, e insieme a me molti altri, non siamo altro che emigrati d'élite, è la prova è semplice, ed è lì, in cucina. Abbiamo la macchina per fare i waffel. Un complesso apparato elettrico, dispendioso e ingombrante, che è in grado di cucinare un'unica pietanza, per di più un dolce.
Come replicare?
E' così. Un'emigrazione d'élite, fatta di macchine-pressa per i waffeln, e padelle speciali per i poffertjes.
E di biglietti aereoferrotranvieri sempre in tasca, per passare due o tre giorni a casa, appena si può, ovunque essa sia.
Chissà se anche ai nostri nonni, che viaggiavano verso la loro america in cerca del loro futuro, mancava il sugo della mamma.
Speriamo almeno di trovarlo, quassù, questo nostro futuro. Del sugo, infatti, neanche l'ombra...
Non avere la valigia di cartone, non aver attraversato l'Oceano in terza classe, non essere affondati per via di un iceberg, tutti questi potevano già essere considerati preziosi indizi del fatto che la mia, di emigrazione, non seguiva pari pari quella dall'Italia di 60 anni, e più, fa.
Ma la mia durezza di comprendonio è proverbiale, e la sua fama mi precede in Galilea, e altrove.
Lo spago l'ho comprato al supermercato qui in Olanda, non l'ho srotolato dalla mia sacca.
E son arrivata qui con un lavoro, e una casa. Insomma, un'altra storia.
Forse, per un attimo, la solitudine di un'isola nordica, di una lingua che non capisco, di tradizioni non mie, mi hanno portato ad intuire, di striscio, la condizione di emigrato/immigrato, stati d'animo e stati paesi che si sovrappongono, come due sentimenti, di nostalgia e inadeguatezza, e fanno male.
Lontananza da casa e dalla famiglia, ma anche dal tuo nuovo vicino, che non capisci.
Fortunatamente, e giustamente, questo mio caro amico ha presto interrotto l'ardito paragone, in cui è così facile scivolare, soprattutto ora che le giornate si fanno più corte, e il vento più freddo.
Io, e insieme a me molti altri, non siamo altro che emigrati d'élite, è la prova è semplice, ed è lì, in cucina. Abbiamo la macchina per fare i waffel. Un complesso apparato elettrico, dispendioso e ingombrante, che è in grado di cucinare un'unica pietanza, per di più un dolce.
Come replicare?
E' così. Un'emigrazione d'élite, fatta di macchine-pressa per i waffeln, e padelle speciali per i poffertjes.
E di biglietti aereoferrotranvieri sempre in tasca, per passare due o tre giorni a casa, appena si può, ovunque essa sia.
Chissà se anche ai nostri nonni, che viaggiavano verso la loro america in cerca del loro futuro, mancava il sugo della mamma.
Speriamo almeno di trovarlo, quassù, questo nostro futuro. Del sugo, infatti, neanche l'ombra...
28 luglio 2010
Io, John, Babele e ritorno.
Tornare al lavoro dopo un mese in giro per il mondo non è facile per nessuno, diciamolo. Ma c'è di peggio.
Tornare al lavoro, tornare all'Isola, tornare all'estate che sembra inverno, ai pile, ai golfini, ai sandali portati anche con il freddo ai piedi, alle sciarpe sovrapposte, ai cappucci impilati, ai pantaloni da pioggia messi in borsa, che non si sa mai!, a quella voglia irrefrenabile di coperta...e trovarsi un John in ufficio.
Un giovane John, uno scaltro studente, promessa della matematica, pronto per le sue sei settimane di stage, e maledettamente inglese.
E io? che fino a ieri si parlava in dialetto, io che faccio? Le mie rinomate doti linguistiche vacillano, davanti alle consonanti aspirate del John, alle vocali mangiate, alle frasi accennate, ma soprattutto, davanti alle fatidiche, onnipresenti, domande finali: isn't it?
La mia recente tecnica di sopravvivenza si basa essenzialmente su tre tipi di risposta:
Ah, se solo dedicassi metà del tempo che impiego a crucciarmi di queste difficoltà linguistiche a fare quello che dovrei fare!
Ah, quanti progressi l'umana scienza avrebbe fatto!
Ah, se.
Nel frattempo la mia padrona di casa mi ha regalato due grasse zucchine dell'orto.
John o non John, in fondo, tornare qui non è poi così male...
Tornare al lavoro, tornare all'Isola, tornare all'estate che sembra inverno, ai pile, ai golfini, ai sandali portati anche con il freddo ai piedi, alle sciarpe sovrapposte, ai cappucci impilati, ai pantaloni da pioggia messi in borsa, che non si sa mai!, a quella voglia irrefrenabile di coperta...e trovarsi un John in ufficio.
Un giovane John, uno scaltro studente, promessa della matematica, pronto per le sue sei settimane di stage, e maledettamente inglese.
E io? che fino a ieri si parlava in dialetto, io che faccio? Le mie rinomate doti linguistiche vacillano, davanti alle consonanti aspirate del John, alle vocali mangiate, alle frasi accennate, ma soprattutto, davanti alle fatidiche, onnipresenti, domande finali: isn't it?
La mia recente tecnica di sopravvivenza si basa essenzialmente su tre tipi di risposta:
- Yes, of course...( accompagnato da sorriso di sufficienza, applicabile nel caso si intuisca un senso di banalità nell'affermazione precedente)
- O yes, definitely! (grande sorriso, e si spera che l'affermazione fatta richieda uno smodato consenso)
- No, I don't think so. (corrugamento della fronte e delle sopracciglia, da effettuare nel caso si intuisca che il John stia dicendo un'eresia)
Ah, se solo dedicassi metà del tempo che impiego a crucciarmi di queste difficoltà linguistiche a fare quello che dovrei fare!
Ah, quanti progressi l'umana scienza avrebbe fatto!
Ah, se.
Nel frattempo la mia padrona di casa mi ha regalato due grasse zucchine dell'orto.
John o non John, in fondo, tornare qui non è poi così male...
19 giugno 2010
it's like rain on your wedding day!
Nel particolare, dieci piedi che in un modo o nell'altro hanno camminato parecchio insieme. Da sinistra, "piedi (e gambe) freddolosi", di chi si è sempre lamentata del freddo nel sacco a pelo, ma poi ci è andato fino in capo al Mondo. "Piedi altissimi ", secondi da sinistra, di chi del volo ormai ci ha fatto un'abitudine, ed è sempre in viaggio, indecisa su dove andare e cosa fare, prendendo come metro di misura minimo l'Europa.
Abbiamo poi "piedi saldi", di chi invece ha intuito dove andare e con chi, e ci sta andando portando con sè un sorriso contagioso.
Penultima da destra, inconfondibile, "piedi da sposa", bianchissimi, e leggeri, di chi cammina a dieci metri da terra per la felicità, ma anche comodi e pratici, di chi ha radici ben profonde, e strumenti con i quali farle germogliare.
A destra, "piedi autonomi", che hanno sempre dovuto o voluto e saputo andare contro a tutto quello che non piaceva loro, pure ai tacchi.
Alla cerimonia, alla festa, e al dopo festa, molti altri piedi si sono ritrovati a celebrare le nozze, a ballare, a inzupparsi di pioggia correndo tra una macchina e l'altra.
I piedi dello sposo poi, neri, lucidi e lisci, sono rimasti tali quasi fino a sera, battendo ogni record di resistenza in scarpe-lucide-da-uomo.
Un successo.
Ora, per i neosposi, la sfida passa tutta nell'insidiosissimo campo dei piedi in calzini, o ciabatte da casa.
Vi sia lieve il cammino, o il calzino.
Abbiamo poi "piedi saldi", di chi invece ha intuito dove andare e con chi, e ci sta andando portando con sè un sorriso contagioso.
Penultima da destra, inconfondibile, "piedi da sposa", bianchissimi, e leggeri, di chi cammina a dieci metri da terra per la felicità, ma anche comodi e pratici, di chi ha radici ben profonde, e strumenti con i quali farle germogliare.
A destra, "piedi autonomi", che hanno sempre dovuto o voluto e saputo andare contro a tutto quello che non piaceva loro, pure ai tacchi.
Alla cerimonia, alla festa, e al dopo festa, molti altri piedi si sono ritrovati a celebrare le nozze, a ballare, a inzupparsi di pioggia correndo tra una macchina e l'altra.
I piedi dello sposo poi, neri, lucidi e lisci, sono rimasti tali quasi fino a sera, battendo ogni record di resistenza in scarpe-lucide-da-uomo.
Un successo.
Ora, per i neosposi, la sfida passa tutta nell'insidiosissimo campo dei piedi in calzini, o ciabatte da casa.
Vi sia lieve il cammino, o il calzino.
10 giugno 2010
In partenza
A una settimana dal rientro in patria, con l'agenda piena e il cervello gia' spento, ho finalmente realizzato un mio piccolo sogno.
Non ha importanza quale sia, e quanto minimo possa apparire agli occhi di chi non l'ha sognato per tanto tempo.
Sotto la pioggia, ieri, non potevo far altro che sorridere.
Perché se siamo capaci di questo, noi piccoli uomini, di realizzare un piccolo sogno, una piccola idea che avevamo, e che covavamo la sera, sui cuscini, o con lo sguardo a perdersi fuori dal finestrino di un treno, allora davvero niente ci può fermare.
Su di un'Isola tesserò le trame di qualcosa che un giorno mi farà sorridere di nuovo così, come ieri.
E sarà come se tutto il Mondo avesse girato e girato su se stesso solo per me. Oppure sarà come se io avessi capito il segreto delle sue rivoluzioni, e mi fossi, in silenzio, unita alla danza.
Non ha importanza quale sia, e quanto minimo possa apparire agli occhi di chi non l'ha sognato per tanto tempo.
Sotto la pioggia, ieri, non potevo far altro che sorridere.
Perché se siamo capaci di questo, noi piccoli uomini, di realizzare un piccolo sogno, una piccola idea che avevamo, e che covavamo la sera, sui cuscini, o con lo sguardo a perdersi fuori dal finestrino di un treno, allora davvero niente ci può fermare.
Su di un'Isola tesserò le trame di qualcosa che un giorno mi farà sorridere di nuovo così, come ieri.
E sarà come se tutto il Mondo avesse girato e girato su se stesso solo per me. Oppure sarà come se io avessi capito il segreto delle sue rivoluzioni, e mi fossi, in silenzio, unita alla danza.
04 maggio 2010
Koninginnedag, e altri colori
"RossoAranciatoGialloVerdeAzzurroIndacoVioletto"
Così me li hanno insegnati e così ricordo i sette colori dell'Arcobaleno. Più l'oro della pentola che ai suoi piedi a volte riusciamo a trovare. Così, alla fine, abbiamo tutto.Cominciamo dal Rosso.
Di questa stagione l'Olanda non è solo punteggiata di bianco, come il manto degli agnelli che popolano i prati. Da un po' di settimane a questa parte l'Olanda è spennellata di fiori.
Righe orizzontali, precise, senza sfumature, come i contorni di questo Paese.
File di fiori fantasticamente freschi, fingono felicità fremendo per un futuro sì frettoloso, ma fulgido. Fiori fieri di formare una frangia fitta fatalmente flettono sotto un flebile filo di vento. Fragile.
Aranciato è il colore nazionale, il colore della Regina, della festa che si celebra per il suo compleanno. Il 30 aprile tutto si tinge di arancio: parrucche, boa di piume di struzzo, trombe, trombette, maglie, magliette, corone, stellette, barche e barchette.
I canali, insieme ai treni e a tutte le strade, riversano una folla arancione nelle vie di città arancioni. Un'immensa, chiassosa, dis-organizzazione arancione investe il Paese, ancora stordito dall'Inverno appena passsato. Inaspettato!
Giallo. E' e rimarrà sempre il colore del Sole, che in questi giorni si è fatto vedere. Anche se adesso indugia sotto una spessa coltre di nuvole scure, ora so che può baciare anche la rospa Olanda, trasformandola così in uno splendido principe. Manca solo un po' di coraggio. Timido.
Verde. Nicola, il mio basilico, dovrebbe essere di questo tanto amato colore. Ma perchè si lascia tentare così tanto da un'orrenda sfumatura di marrone che sale dalle radici a soffocargli lo slancio? E questa lanugine muffita che ti ricopre gli steli? Questo bianchiccio soffice che ti ovatta? Come fare a debellarlo? Quanti misteri ancora riserva per me l'arcana Arte del Giardinaggio. Cercherò di salvare il salvabile, tra Nicola, la mia pianta Tasmana, e il mio desiderio agricolo di farcela, in qualche modo. Un verde speranzoso, dopo tutto.
Azzurro come il mare che circonda la mia Isola. Che riflette il cielo che la sovrasta. Che sfiora me, che ci sono sopra. Io non circondo, non sovrasto e non sfioro. Nessuno di questi verbi mi rappresenta, al momento. Al momento accolgo, analizzo, apprezzo, ammetto, assetto, aspetto, amo. Ammicco a un azzurro ampio, attendendo altri amici, e un amore antico. Più che altro presto e pretendo attenzione. Al momento, un azzurro accorto.
Indaco. Nessuno ha mai capito cosa diavolo fosse, esattamente, l'indaco. Una domanda come un'altra, come quella che mi ha posto oggi qualcuno: Ma si può sapere quale cazzo è lo scopo di questa cosa? Una bella domanda. Volgare certo, banale, dite? Non credo: presuppone conoscenza del passato, consapevolezza del presente e proiezione al futuro. Cerco di darmi delle risposte a questo tipo di domande, e non credo di essere la sola. Ma la risposta, per ora, è come l'Indaco. Sconosciuta.
Violetto. Come l'auto immaginaria di una donna che conosco. Con i pois gialli. L'auto, non la donna! Lei ha invece addosso un sorriso sincero. Era da un po' che non la vedevo così nuda, senza muri di circostanza eretti per scappare dagli altri e da se stessa, senza paura di ridere, e di baciare. Serena.
Oro. E' il pretesto per un'avventura su una nave di Pirati, per un duello all'ultimo sangue, per una partenza, per un ritorno, per un addio o per una stretta di mani.
E' un pretesto per fingere, e per cercare la verità. Per ammazzare e per costruire.
Perché no, l'oro è un pretesto anche per scrivere. O per pensare.
Dicono che vicino a una pentola piena d'oro cominci l'Arcobaleno. o finisca, di preciso, non si sa.
In ogni caso, io mi metterò a cercare i lingotti, sperando, un giorno, di trovarvi accanto anche gli altri colori.
05 aprile 2010
Paas 2010
Pasqua 2010, Pasqua Diversa.
Si è cominciato con la Domenica delle Palme, in cui le palme non erano ne' vere palme, ne' veri rametti d'ulivo, bensì ramuncoli di una pianta tuttora ignota (anche dopo aver chiesto ai locali).
Forse, la distanza da casa, si misura anche così.
Gli agnelli (vivi e pasquali) hanno zompettato allegramente per tutto questo periodo, crescendo in età e grazia.
Le uova di cioccolato con la sorpresa, invece, non si sono fatte vedere: nell'Isola non arrivano. Non si usano. Qui gli ovetti pasquali sono solo quelli piccini.
Meno cioccolata, meno sorprese. Figurarsi la colomba.
Si prefigurava una Pasqua sottotono.
Invece gli Amici hanno invaso l'Isola, la mia casetta, hanno divorato pietanze e paesaggi e sorrisi.
Il Faro, dietro un velo grigio di nebbia, se ne stava pigro a farsi battere dal sale e dal vento.
Ma noi lo abbiamo svegliato.
E il far brillare più forte una luce che già c'era mi è sembrato, dopotutto, il gesto più bello e più pasquale che potessimo fare insieme, quella domenica.
31 marzo 2010
Un pesce di nome Cavallo
Per un po' di anni, quando ero piccina, due pesci rossi hanno vissuto con la mia famiglia: Pescio e Lino. Pescio, era un pesce rosso rosso, Lino, invece, un pesce rosso bianchiccio. Seguendo la Teoria del Colore, quindi, un pesce rosa.
Da poco più di una settimana accudisco invece il pesce rosso nero (?) di un mio collega. E' nero, ciccione, e con gli occhi a palla, ma nel complesso ha il suo fascino. Il nome gliel'ho dato io, ed è per questo che adesso che il suo padrone è via, me ne prendo cura io, in veste di madrina ufficiale. Il suo nome è Paard, ossia cavallo.
Non so se gli faccia bene essere un pesce rosso nero di nome Cavallo.
Se io fossi una pantera rosa, ci rimarrei male ad essere blu. Se poi mi chiamassero Paguro, penso mi incazzerei parecchio.
Ma così è, ed io, che per mandarmi in confusione basta il fatto che qui gli italiani siano considerati spagnoli (ma ci si rivolge loro in francese!), e le pizze le facciano i tunisini, mi dedico a un pesce stordito dai colori e dai nomi, rinchiuso in una vasca troppo piccola, in un mondo con già troppa luce.
Forse per questo ha la tosse.
Sì, il (temporaneamente) mio pesce ha la tosse.
Da poco più di una settimana accudisco invece il pesce rosso nero (?) di un mio collega. E' nero, ciccione, e con gli occhi a palla, ma nel complesso ha il suo fascino. Il nome gliel'ho dato io, ed è per questo che adesso che il suo padrone è via, me ne prendo cura io, in veste di madrina ufficiale. Il suo nome è Paard, ossia cavallo.
Non so se gli faccia bene essere un pesce rosso nero di nome Cavallo.
Se io fossi una pantera rosa, ci rimarrei male ad essere blu. Se poi mi chiamassero Paguro, penso mi incazzerei parecchio.
Ma così è, ed io, che per mandarmi in confusione basta il fatto che qui gli italiani siano considerati spagnoli (ma ci si rivolge loro in francese!), e le pizze le facciano i tunisini, mi dedico a un pesce stordito dai colori e dai nomi, rinchiuso in una vasca troppo piccola, in un mondo con già troppa luce.
Forse per questo ha la tosse.
Sì, il (temporaneamente) mio pesce ha la tosse.
21 marzo 2010
Prima Primavera: prima!
Il primo Sole si è fatto largo tra i flutti del Mare del Nord...ed ecco il risultato! Pecore già sfinite sotto quella lana spessa sonnecchiano sui prati con i loro agnellini.
Come biasimarle? D'altronde, per non essere da meno, ho deciso prontamente di imitarle (da brava pecora) e godermi un po' il sole, e un buon libro, spaparanzata sulla diga appena fuori casa.
Aaaaah. Era ora!
20 marzo 2010
Giorno di mercato
Oggi, sabato, è giorno di mercato, al di là dell'acqua.
Vivo ormai sull'Isola da quasi sei mesi, e ancora non c'ero mai andata, indaffarata nei week end a riempirmi la testa di cose da fare per impedirmi di stare un po' da sola con me. Oggi invece sono stata da sola: ho preso il traghetto sotto una pioggia fina, ho letto Paul Bowles, ascoltato gli Afterhours.
Il mercato non era ne' grande, ne' fornito come me l'aspettavo, ma le tre o quattro bancarelle di frutta e verdura mi hanno dato la possibiltà di fare una spesa vera, senza plastica a insacchettare le melanzane una ad una, e questa è di per se' una gran gioia.
Mi son comprata anche le caramelle, ad addolcirmi la vita.
E alla fine, come spesso accade dopo alcune ore passate a spulciare tra bancarelle e negozi che non conosci, stavo bene; incredibile come anche in una giornata grigia come questa ci si riesca a distrarre dai propri pensieri.
Domani sarà Primavera.
Da domani, la luce, qui, giocherà fuori fino a tardi.
Vivo ormai sull'Isola da quasi sei mesi, e ancora non c'ero mai andata, indaffarata nei week end a riempirmi la testa di cose da fare per impedirmi di stare un po' da sola con me. Oggi invece sono stata da sola: ho preso il traghetto sotto una pioggia fina, ho letto Paul Bowles, ascoltato gli Afterhours.
Il mercato non era ne' grande, ne' fornito come me l'aspettavo, ma le tre o quattro bancarelle di frutta e verdura mi hanno dato la possibiltà di fare una spesa vera, senza plastica a insacchettare le melanzane una ad una, e questa è di per se' una gran gioia.
Mi son comprata anche le caramelle, ad addolcirmi la vita.
E alla fine, come spesso accade dopo alcune ore passate a spulciare tra bancarelle e negozi che non conosci, stavo bene; incredibile come anche in una giornata grigia come questa ci si riesca a distrarre dai propri pensieri.
Domani sarà Primavera.
Da domani, la luce, qui, giocherà fuori fino a tardi.
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