Ho sempre sognato di poter stare in mezzo al mare, e farne, di tanto in tanto, il mio lavoro, lontano da tutto e allo stesso tempo parte di una novella e picciola comunità, che galleggia insieme, puntolino asciutto in mezzo all'oceano.
Sarà per un'innumerevole serie di ragioni, da Venezia, a Trieste, dal Puntigiglio, alle estati, ma ho sempre immaginato come sarebbe stato bello, sapere più o meno come fare, a misurare il mare, le sue correnti, il suo girovagare, e lasciare il porto, ed effettivamente farlo.
I giorni di lavoro a bordo sono così pieni di cose da fare, misure da controllare, il tempo è scandito dai pasti, ma si lavora in turno prima di colazione, sicuramente dopo cena, a volte anche di notte.
Così i giorni fanno presto a gocciolare via, che quasi non mi accorgo che ora sono proprio su una nave, da due settimane non si vede altro che acqua, e sto decidendo dove andare, e cosa fare una volta arrivati in un punto speciale di questo oceano, che a guardarlo così è acqua come gli altri, ma io so che è speciale.
Fan presto le ore e i giorni a scorrere via, che quasi quasi non mi rendo conto che sono qui, ora, che son soddisfazioni, e che, sì, sono contenta.
Me lo ricorda S., a petto nudo nel sole tropicale, un dito pagato al suo lavoro precedente, nei freddi pescherecci del Mare del Nord, sposta con la gru enormi strumenti. Mi guarda e mi dice (in olando-inglese): "Sai Anna, quando ero un ragazzino ho sempre sognato di poter lavorare con le gru, ne avevo anche una giocattolo, in miniatura. Ed ora, eccomi qua!" E sorride, e sposta ancore da una tonnellata.
E anch'io sorrido, perché i giorni non gocciolano via invano, tutti quanti abbiamo una rotta da seguire.
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